Nel VII centenario della morte di Dante: nella sua morte, nella verità della sua vita.

DANTE

TRA IL MONTE DEL PURGATORIO

E LA “SUA” FIRENZE

(DOMENICO DI MICHELINO – 1465)

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L’evento della morte di Dante

Come e quando morì Dante è ancora oggi avvolto nel mistero, perché le notizie che si hanno non sono univoche. Sembra assodato che già nel 1320 si sia trasferito a Ravenna, ospite del signore locale, Guido Novello da Polenta (1275-1333), che se ne servì per l’ambasceria presso il doge di Venezia, con cui Ravenna era in conflitto per le saline.

Ravenna era da sempre in rapporti piuttosto tesi con la metropoli lagunare, per inevitabili ragioni geopolitiche: i veneziani pretendevano il monopolio di tutte le merci che uscivano dal porto di Ravenna, in particolare una merce strategica come il sale di Comacchio, e i conflitti fra i due comuni, le accuse di contrabbando, gli accordi poi rinnegati o non mantenuti erano frequentissimi. Quell’estate Cecco Oderlaffi, subentrato da qualche anno al fratello Scarpetta nella signoria di Forlì, minacciava di far guerra a Ravenna e Venezia era disposta a finanziarlo; non sappiamo quale fosse il mandato di Dante, ma probabilmente il suo viaggio a Venezia doveva servire a prendere tempo e avvisare la Signoria dell’arrivo, più tardi, di una proposta concreta di accordo, che in effetti venne presentata da una nuova delegazione ravennate il 20 ottobre 1321.

Ma Dante era già morto da più di un mese, e di solito si conclude, tirando a indovinare, che ad ucciderlo sia stata una malaria fulminante contratta pro-prio durante quel viaggio tra le paludi. Rientra nella casistica dell’odio fiorentino per Venezia l’invenzione di Filippo Villani, secondo cui i veneziani, scarsamente preparati a confrontarsi con Dante sul terreno dell’eloquenza e spaventati dalla sua fama, rifiutarono di lasciarlo parlare, e quando il poeta, sofferente di febbri, chiede di poter rientrare a Ravenna via mare, egualmente rifiutarono, per paura che convertisse l’ammiraglio, costringendolo a uno scomodo rientro per via di terra che gli sarebbe costato così caro.

Come per tutto quel poco che sappiamo della sua vita, anche la data di morte di Dante è riferita da fonti contraddittorie. Secondo il Boccaccio morì il giorno dell’Esaltazione della Santa Croce, che corrisponde al 14 settembre, ma gli epitaffi che i letterati fecero a gara a scrivere per l’occasione data la morte del poeta alle idi di settembre, cioè il 13. Siccome uno di questi epitaffi, composto da Giovanni del Virgilio, è trascritto dal Boccaccio stesso, parrebbe che il biografo non ci vedesse nessuna contraddizione; e in effetti basta ricordare che le feste cristiane, in continuità con la tradizione ebraica, cominciano al tramonto della vigilia per concludere che Dante dev’essere morto nelle prime ore della notte fra il 13 e il 14. Quella notte, il profeta andò a scoprire se quanto aveva immaginato in tutti quegli anni era vero.

(Barbero p. 270-1) Leggi tutto “Nel VII centenario della morte di Dante: nella sua morte, nella verità della sua vita.”