Maria del Parco

LA NOSTRA MADONNA

E’ UNA MAMMA SERENA

La “nostra” Madonna, a chi la guarda con particolare affetto, dona tanta pace e serenità, perché con il suo sorriso affabile ci dona il suo Bambino, ce lo vuole mettere in braccio, come se lo volesse affidare per un momento e poter così gustare la soddisfazione di portarcelo con noi. E’ suo figlio; l’ha tenuto nel suo grembo, come ogni mamma; l’ha accudito con amore, ripagata da una presenza che le ha comunicato tanta pace nel cuore. Ma ora non vuole più tenerlo come se fosse tutto suo e solo per sé. Lei sa che quel Bambino è di Dio e proprio per questo appartiene al Padre e dal Padre è mandato per ogni uomo, per ogni donna, per chi lo vuole sentire come suo fratello. Ecco perché lo protende ed ha piacere che qualcuno lo abbia con sé, lo prenda in braccio, lo porti ovunque affinché altri lo conoscano, lo amino, lo seguano. E questo lei lo fa volentieri: accompagna il suo gesto con un volto sorridente che lascia trasparire tanta serenità, in modo tale che chi si prende quel bambino tra le mani possa avere la medesima sensazione di piacere, di distensione, di serenità. D’altra parte, la presenza di quel Bambino, sia nel momento in cui si stava formando nel suo grembo, sia quando, venuto al mondo, è stato deposto nella povertà, portato ovunque fra mille tribolazioni, e fatto crescere nelle piccole e grandi prove della vita, ha sempre procurato a Maria una grande serenità. Questa non le impedisce di dover soffrire, di provare angoscia, di sentirsi amareggiata; mai, comunque, perdendo la speranza, la visuale cioè che permette di andare oltre le oscurità tempo-ranee, per vedere ogni cosa con lo sguardo di Dio. Abbondano le imma-gini di Maria con un volto dimesso, segno di profonda umiltà; quelle con un fare meditabondo, proprio di chi non lasciava passare nulla senza rifletterci; quelle che rivelano preoccupazione, come avvenne nel primo distacco di Gesù a 12 anni; e, non di meno, quelle segnate da una profonda mestizia e da un acuto dolore, per vederlo sofferente con la croce, morente su di essa, o morto e disteso sulle sue ginocchia. Ma non sono da trascurare le fisionomie che ce la danno con un volto sereno e rasserenante, come traspare dalla nostra. In questa sua fisionomia ella ci vuole ricordare che anche noi in questo luogo, dove molti vengono a trovarsi per cercare e trovare un po’ di serenità, dobbiamo rivelarci nell’atteggiamento di chi trasmette la distensione dell’animo, per far ritrovare oggi ciò che sembra perso, dimenticato, trascurato.

LA SERENITA’ E’ DONO DELLO SPIRITO

Testi, poesie, preghiere e immagini ci aiutano a trovare la serenità di Maria e in lei la nostra serenità. Ne abbiamo un gran bisogno in un momento segnato da forti e angoscianti preoccupazioni. Si susseguono tante crisi: le minacce del terrorismo, le cadute vertiginose della finanza, le varie epidemie che dilagano nel mondo, le guerre che si fanno sentire un po’ ovunque, la miseria che si diffonde e che attanaglia tanta gente. E in esse la paura cresce, la disperazione assale, la rassegnazione impedisce di reagire. Abbiamo bisogno di coltivare quel tipo di serenità che, anche ad essere raggiunti e pressati dal male, permette di non esserne travolti e di saper far fronte con la bontà e con la bellezza, che hanno il loro vertice in Dio, sorgente del bene e del bello. La serenità che coltiva Maria è quella che le deriva dallo Spirito Santo: ripiena di grazia, cioè dello Spirito stesso di Dio, ella non fa che dispensare questo dono ricevuto, il solo capace di far reagire con il bene, avendo davanti tanto male, di produrre il bello, quando il brutto vorrebbe avere il sopravvento. Appena lo riceve con le parole di Gabriele che la riempiono della potenza proveniente dall’Altissimo, lei porta lo Spirito da Elisabetta, e costei sente sussultare il bambino, con quella esultanza che è gioia e pace dello Spirito. E allora si mette a magnificare Dio: anche a continuare la sua esistenza di donna povera, di donna semplice, di donna sconosciuta ai grandi del mondo, lei conserva nel cuore una grande serenità, con la quale fa fronte a tutte le circo-stanze che la vedono lontana da casa nel momento del parto, allontanarsi da casa nel momento della fuga, faticare a trovare una casa tra le insidie dei potenti che minacciano continuamente la vita del bambino. Ma lei è sempre forte.

Mettiamoci alla ricerca di immagini di Maria che diano a noi tanta serenità: le parole, le figure devono ispirare in noi l’animo di Maria, che eleva il suo cantico. In esso lei dice che davvero il Signore onnipotente innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati, soccorre i poveri, coloro cioè che godono della pienezza della beatitudine, proveniente da Dio. Proviamola anche noi, mettendoci nel cuore semplice di Maria, guardando il suo volto rasserenante, contemplando il suo animo veramente felice, ascoltando le sue parole semplici, ma piene del sapore stesso di Dio. Cerchiamo così di avere la sua serenità e di avvertire che essa è davvero un grande dono dello Spirito, ed è un’esperienza che proprio in occasione dei passaggi difficili ed impegnativi sentiamo affiorare nel cuore.

1.

LA MADONNA DEL SOLLETICO

C’è una curiosa immagine di Maria, in una posa particolare, ben poco nota. Il grande pittore toscano, Masaccio (1401-1428), è considerato l’autore di questa piccola tavola che rappresenta Maria con il gesto materno di chi vuole benedire il suo piccolo. In realtà, sembrerebbe il gesto più umano e familiare della mamma, la quale cerca di suscitare il sorriso nel bambino, con il gesto delle dita che toccano il collo scoperto del piccolo, come per fargli solletico. Così sembra; se non altro per la reazione del bambino, il quale vorrebbe come difendersi, cercando di afferrare il braccio della madre, che continua a solleticarlo. Maria appare seria, anche a fare questo gesto per suscitare il riso; il bambino invece appare divertito, anche a cercare di trattenere la mano della mamma.

Qui vediamo qualcosa di molto umano: non sembrerebbe quell’immagine spesso ieratica e solenne della Madonna, a cui siamo abituati; anche perché i committenti esigevano dagli artisti una figura che risultasse motivo di devozione e di preghiera da tenere in casa, perché gli occhi, rapiti in contemplazione, potessero poi suggerire la migliore preghiera da elevare. Così questa immagine non appartiene certo al patrimonio da esporre in chiesa, come figura pubblica, ma da mostrare in casa come richiamo alla devozione privata. Ed essa può ispirare anche a noi quel genere di tenerezza che induce ad avvertire qui tanta serenità, in grado di infondere la medesima sensazione in coloro che si mettono davanti all’immagine. A noi pure verrebbe il desiderio di fare il medesimo gesto, sia per esprimere la nostra familiarità con Gesù, sia per provare dal suo sorriso ad avere noi pure tanta pace.

La preghiera alla Madonna del Solletico

Maria, madre dei poveri e dei piccoli,

di quelli che non hanno nulla, che soffrono solitudine

perché non trovano comprensione in nessuno.

Grazie per averci dato il Signore.

Ci sentiamo felici e col desiderio di contagiare molti di questa gioia,

di gridare agli uomini che si odiano che Dio è Padre e ci ama,

di gridare a quanti hanno paura: «Non temete».

E a quelli che hanno il cuore stanco: «Avanti che Dio ci accompagna».

Madre di chi è in cammino, come te, senza trovare accoglienza, ospitalità,

insegnaci a essere poveri e piccoli,

a non avere ambizioni, a uscire da noi stessi e a impegnarci,

a essere i messaggeri della pace e della speranza.

Che l’amore viva al posto della violenza.

Che ci sia giustizia tra gli uomini e i popoli.

Che nella verità, giustizia e amore nasca la vera pace di Cristo,

di cui come Chiesa siamo sacramento.

2.

LA MADONNA

CHE GIOCA COL BAMBINO

Anche questa è una immagine curiosa, perché non appartiene all’impianto solito delle figure religiose di Maria con il Bambino Gesù. Se non ci fossero le aureole, si potrebbe dire che qui è riprodotta una giovane mamma, elegantemente vestita e in un ambiente signorile, che sta intrattenendo il suo piccolo. Costui è tutto inteso a voler prendere il fiorellino che la mamma gli sta mostrando. Lui ha il viso paffuto con l’atteggiamento un po’ curioso, presente in tanti piccoli che sono sorpresi davanti a ciò che non hanno mai visto. È invece molto divertita la mamma nel guardare e considerare la curiosità del suo piccolo: la bocca accenna ad un sorriso di soddisfazione, in cui è ben espressa la sua serenità, derivata comunque dalla contemplazione del proprio bambino. È di Leonardo (1452-1519).

È una bella scena familiare da cui si ricava la piacevolezza nel considerare il gioco fra i due, mai preso in considerazione, quando si considera Maria e Gesù, come se una tale scena potesse diventare irriverente o inadatta a far entrare nel mistero e nel giusto sentimento religioso.

La preghiera alla Madonna che gioca

Da vera Madre, o Maria, tu ti riveli, quando giochi con Gesù Bambino:

con il tuo sorriso lo rassereni, con la tua voce soave lo distendi,

con il tuo gesto dolcissimo lo intrattieni,

con la tua presenza amabilissima gli doni sicurezza.

Ed egli ti ridona gioia e pace nel cuore,

mostrando il desiderio di scoprire il mondo,

di capire la bellezza delle cose, di aprire l’animo a tutto e a tutti.

Anche a noi, o Madre, riserba un po’ del tuo tempo,

per aiutarci a vivere meglio, a vivere nella serenità,

perché non rimaniamo schiacciati dai tanti problemi,

e non veniamo assorbiti dalle troppe inquietudini.

Fa’ che possiamo scoprire anche nelle cose semplici,

il grande disegno con cui Dio ci ama e ci vuole con sé,

e rendici sempre sereni coltivando nel cuore la pace di Dio.

3.

A COLEI CHE PUO’ ABBRACCIARE

CON UN SORRISO

IL VILLAGGIO DEL MONDO

Anche nella poesia compare Maria a infondere serenità e dolcezza, mentre all’intorno i problemi si moltiplicano e le prove pesano sull’animo. Proprio la vicinanza di colei che tutti sentiamo come una mamma, può accendere la speranza, può far continuare un cammino divenuto pesante, può alleviare la fatica e condurre ad insistere anche dentro le sofferenze e i disagi. Già la preghiera rivolta alla madre fa bene, soprattutto perché si avverte che lei è presente, che lei ci sostiene …

Il poeta russo Sergéj Aleksándrovič Esénin (1895-1925) ebbe una vita travagliata, soprattutto nella parte finale della sua breve esistenza. Ma già da piccolo coltivava la poesia e aveva anche una buona formazione religiosa propria del suo ambiente contadini. Poi ci fu una crescita vorticosa, una tensione notevole nei confronti della rivoluzione bolscevica e sorse per lui il periodo più tribolato, immerso nell’alcool e in amori impossibili. L’epilogo della morte fu tragico. Ma il suo vorticoso girare in cerca di pace e di una vita da gustare pienamente, non gli impedisce di avere parole e toni di raffinata elegia. E non manca neppure la preghiera, soprattutto quella del figlio nei confronti della Madre …

Madre di Dio,

cadi come una stella sull’aspro cammino

entro la sorda valle.

Versa come olio i capelli della luna

nei presepi contadineschi del mio paese.

Lungo è il corso della notte.

Dorme in essi tuo figlio.

Cala come una cortina il crepuscolo sull’azzurro.

Abbraccia con un sorriso il villaggio del mondo,

e il sole come una zana (cesta ovale) agli arbusti appendi.

Si rallegrerà in essa, lodando il giorno

del paradiso terrestre, il santo bambino.

Io vedo: in azzurrina veste sulle lievi nuvole alate,

va la Madre adorata col Figlio purissimo in braccio.

Per la pace Ella porta nuovamente il Cristo risorto a crocifiggere.

È una bella immagine natalizia, che fa riferimento in modo particolare alla madre di Dio, sempre più sentita come madre degli uomini, proprio per aver portato dentro questo mondo suo figlio. Per quanto buia possa essere la scena notturna nella quale avviene il mistero natalizio, basta il sorriso della madre ad allietare, a rasserenare. Proprio il sorriso di Maria abbraccia il mondo e lo avvolge di una pace infinita, mentre il sole appare come una cesta ovale appesa in cielo. In questo mondo Maria introduce il Figlio ed insieme lo porta a camminare verso la sua croce: solo di lì può venire la pace; solo dalla croce rinasce la vita … Leggi tutto “Maria del Parco”

La Russia di Mosca: LA TERZA ROMA

CORONA DI MONOMACO SIMBOLO DELL’AUTOCRAZIA RUSSA

Una leggenda narra che tale corona ( che questa piattaforma non consente di riportare qui)sia stata regalata dall’imperatore bizantino Costantino IX Monomaco al nipote Vladimir, fondatore della città di Vladimir e antenato di Ivan III, il primo ad essere zar.

La leggenda serve come fondamento per costruire la teoria politica di “MOSCA – TERZA ROMA”.

Questa corona, detta di Monomaco, viene così definita per la prima volta in un documento del 1518, durante il regno di Vasilij III.

GLI INIZI DI MOSCA

La città che noi oggi riconosciamo come capitale della Russia e che nel corso della storia è sempre stata considerata come strettamente legata alla Russia stessa, molto più della successiva Pietroburgo, è divenuta un centro aggregatore per i Russi solo a Medioevo inoltrato, quando le altre città all’intorno si sono avviate ad un lento ma inesorabile tramonto. Dobbiamo ritenere che gli stessi Russi non avevano la percezione di essere un popolo con la vocazione nazionale e imperiale, come si è costruita successivamente. Solo dopo il 1000, solo con la scelta del Cristianesimo le diverse tribù che abitano il bassopiano sarmatico, cercano anche di avviare quel senso di appartenenza, che finora le vedeva legate alle figure emergenti, soprattutto nell’ambito militare. Più che un popolo unito, qui c’erano popolazioni diverse, che si aggregavano nei centri abitati, dando origine ad una città con in mezzo un’altura o una fortificazione, chiamata “cremlino”. Lì aveva spazio colui che di fatto deteneva il potere, espresso soprattutto con le armi. Alcune città avevano dominanti i proprietari terrieri, o, nel caso di una ben avviata attività mercantile, si trovava a guidarle una sorta di corporazioni di mestieri, che di fatto dettavano la conduzione della politica locale. Fra tutte le città, quella che ha avuto una storia gloriosa ed orgogliosa, è Novgorod, fiera di ritenersi e di essere effettivamente “libera”: lì non poteva esserci nessun potere di natura monarchica, cioè un autocrate destinato a governare senza alcun controllo. E tuttavia anche qui, a volte, si avverte la necessità di avere un principe in grado di condurre le truppe contro i nemici: per questa città libera essi sono di fatto gli Svedesi e i Teutoni, i quali impedivano il libero accesso ai traffici sul Baltico. Di qui lo scontro, affidato ad Aleksandr Nevskij. Con lui entrambi i nemici sono bloccati, anche se poi l’eroe liberatore non potrà diventare il leader dei Russi, il capo riconosciuto con poteri monarchici. Anzi, da nessuna parte, in nessuna città, possiamo riscontrare qualcuno che porti questo titolo e che abbia un simile potere. Sulle città russe domina sempre un principe, a volte un duca o un granduca, qualcuno insomma che gestisce il potere grazie alla sua milizia e che ha il proprio riconoscimento con un titolo di stampo feudale, perché un altro potere superiore lo riconosce. In quest’area geografica la ricerca di un riconosci-mento viene fatta a partire da Bisanzio; ma ormai dopo la IV crociata (1202) anche quest’alta autorità ha perso il suo prestigio e soprattutto la sua forza.  Leggi tutto “La Russia di Mosca: LA TERZA ROMA”

La figura mitica di Aleksandr Nevskij

Il primo grande eroe della storia russa, colui nel quale i Russi stessi si identificano, soprattutto nei momenti più difficili della loro storia, è senz’altro Aleksandr Nevskij, che appare circondato da un alone “mitico”. È pur sempre un personaggio storico, le cui vicende sono note a partire dalle cronache coeve; ma nel corso dei secoli si tende a proporlo come un eroe nazionale, un cavaliere “senza macchia”, un lottatore gigantesco, un uomo senza pari, capace di raccogliere attorno a sé i Russi nella difesa della patria. Così, dalla storia egli trapassa al “mito”, e come tale sarà sempre proposto in diversi momenti della lunga storia russa; anche quando figure simili, proprie di un epoca autocrate o monarchica, dovrebbero essere demitizzate o addirittura cancellate, egli affiora, perché anche nell’epoca dell’ideologia bolscevica prevale la necessità di ricorrere all’appartenenza del mondo russo. In questo modo non è facile ricostruire nel modo più oggettivo possibile chi sia stato davvero quest’uomo, che a noi arriva sempre con una fisionomia che lo vuole santo, eroe epico, condottiero vittorioso.

Il personaggio di Alessandro Nevski sembra aver conosciuto, ancora in vita, un’apoteosi epica e morale e un’idealizzazione che il tempo doveva rafforzare e la cui linea di sviluppo è nettamente rintracciabile nelle successive Vite che gli sono state dedicate. (Durand- Cheynet, p. 9) Leggi tutto “La figura mitica di Aleksandr Nevskij”

La Rus’ di Kiev

INTRODUZIONE:

UNA VISIONE STORICA “IMPERIALE

Gli eventi in corso nello scontro fra Russia e Ucraina si presentano come un insieme di fatti che non possiamo ascrivere alla storia, essendo ancora sotto i nostri occhi e senza una prospettiva che si possa dare per sicura e chiara. Tuttavia, anche senza entrare nelle polemiche che li accompagnano e che spesso dipendono da una visuale ideologica e soprattutto partitica, noi possiamo dire che qui è in corso un assestamento geopolitico, ereditato dal tracollo dell’URSS. Quel mondo, ovviamente non c’è più. Noi abbiamo cullato l’idea che l’assetto successivo fosse ormai consolidato e che la tensione derivata dalla divisione in due blocchi contrapposti si era esaurita e che non sarebbe più ricomparsa. Di fatto, al mondo considerato monolitico, perché tutto costruito sulla ideologia comunista e sulla preminenza del PCUS nelle 15 repubbliche sovietiche tra loro federate, con la caduta del comunismo si è fatto strada un sistema di Stati, che sono diventati completamente autonomi e riconosciuti indipendenti dalla comunità internazionale, anche ad aver avuto secoli di cammino in comune con la Russia.

Ciò che era noto come Russia e che di fatto si estendeva dal Baltico agli Urali, aveva dato origine ad una nuova federazione di Stati, comprendendo tanti territori autonomi, ma comunque sempre integrati al potere centrale di Mosca, aggiungendo a questa realtà anche il vasto mondo della Siberia, che alcuni hanno considerato come una sorta di territorio coloniale alle dipendenze da Mosca. A ben considerare questa realtà così composita, dove non ci sono i soli russi ad abitare, per quanto essi siano prevalenti sulle altre popolazioni, c’era da aspettarsi che dopo il turbamento creato dalla caduta del mondo sovietico, ritornasse a galla la visione del mondo russo che si era formata con lo zarismo e che non era affatto tramontata con la Rivoluzione bolscevica dell’ottobre 1917. La Russia, nella sua storia, è sempre stata di fatto una potenza imperiale, proprio per la presenza nello Stato zarista e bolscevico di popolazioni di-verse, aggregate a viva forza più che per consenso. La politica imperiale della Russia si è anche trasformata in una politica imperialista quando la medesima visione del mondo voleva essere portata fuori dei suoi confini, già imperiali, per arrivare a quegli sbocchi, soprattutto sul mare, che avrebbero consentito una visione ancora più ampia. Insomma, non è mai morta nei Russi la convinzione di essere chiamati nella storia ad avere un ruolo “mondiale”: la perdita degli Stati confinanti, che avevano da tempo condiviso la storia con la Russia appariva come una decurtazione territoriale, come la volontà degli altri Stati, soprattutto di quelli occidentali, di intervenire a limitare le aspirazioni di grande potenza della Russia. Anche a non voler ripristinare le forme istituzionali precedenti, e cioè la monarchia zarista e il bolscevismo dell’Internazionale, si è fatto strada un disegno di tipo imperiale che permettesse alla Russia di trovare il suo ruolo nel mondo. Soprattutto in presenza di un nuovo assetto, che sem-brava far nascere ai propri confini l’Unità europea, per quanto ancora filo-atlantica, e dall’altra una Cina sempre più “tigre aggressiva e rampante”, diventava e diventa necessario ribadire quel ruolo imperiale che fa parte della storia della Russia. Questo sembra essere il disegno oggi prevalente nella politica russa, che non si può pensare sia di un solo uomo, come Putin, ma di fatto espressione di una Russia profonda, la cui visione e lettura storica si muove un po’ da sempre in una simile direzione.

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