Una preghiera.

UNA PREGHIERA

(mi è venuta in queste ore di tribolazione)

Signore, sono le tre di un venerdì pomeriggio,

proprio quando ricordiamo la tua morte in croce.

E nel ricordo di te, lasciato solo sulla croce negli spasimi della morte,

mi viene da pregare in questa ora veramente amara

conservando una grande fede, anche se messa a dura prova.

Mi rivolgo a te e mi unisco a te nel grido doloroso e tanto umano,

che, detto tante volte nel salmo,

ha un sapore nuovo e più vero, nei momenti tragici:

perché, o Dio, tu che sei mio, tu che considero sempre mio,

mi hai ora abbandonato?

Non mi aspetto una risposta chiarificatrice,

non cerco una spiegazione confortatrice;

cerco solo, con te e come te, una presenza che mi sembra non sentire più.

So che non è vero; so che lui, il Padre, c’è, e mi sente; so che mi vuol bene.

E tuttavia, ora, mi sento più che mai solo, isolato, abbandonato, derelitto.

E più di me lo sono quelli che faticano a respirare, come tu sulla croce,

nuovi “poveri cristi” adagiati su un letto che ha la durezza di una croce:

guardali, Signore; guardali con occhi pietosi:

neppure si lamentano, ma sono soli!

Se, intubati, non possono dire niente,

non possono alzare neppure un grido di lamento: e ne avrebbero motivo!

Io mi faccio voce di loro per dirti quello che tu dici al Padre:

Perché ci hai abbandonati? Perché non fai vedere la tua mano in soccorso?

Perché questo male ci separa, ci obbliga a non essere più gli uni con gli altri,

ci riduce alla solitudine più amara?

Se questo male insidioso prende molti di noi,

e in poco tempo fa mancare loro l’aria da respirare,

al punto che neppure si possono raccomandare ai propri cari, ai dottori, a te,

tu, Signore, abbandonato e solo, non abbandonarli, non lasciarli soli:

fa’ sentire la tua carezza, fa’ avvertire la tua mano,

fa’ provare la tua vicinanza da buon Samaritano, come solo tu sai fare,

toccando i malati, risollevandoli, se sono piegati e allettati.

Fallo in vece nostra, fallo per noi, ma soprattutto per loro,

che in questo momento neppure possono chiedere aiuto.

Sentili con te nell’ora della tua morte, mentre si aggrappano alla poca aria,

nella ricerca di una vita che tu hai dato loro,

che hai promesso abbondante e piena,

e, se partono da questo mondo

come nuovi “ladroni buoni” insieme con te su questa croce,

accoglili nel tuo Regno, falli sentire in casa loro dentro la tua casa,

visto che ora non vedono più accanto a sé i loro cari,

mentre tu, ai piedi della croce,

avevi tua madre e il discepolo che tu amavi e che ti amava.

A te si affidano; a te noi ci affidiamo,

pensandoti sulla croce come lo sono tanti di noi,

pensandoti in affanno nel respiro come lo sono i contagiati dal virus,

pensandoti all’estremo in totale solitudine,

come lo sono i nostri morti di queste ore.

Poi tua Madre ti prende fra le braccia;

poi tua Madre si china su di te, vera icona di pietà;

poi tua Madre ti accompagna nel sepolcro, depositandoti come seme di vita.

A lei, visto che a noi è negato il pietoso gesto d’affetto, ci affidiamo,

perché lei raccolga quanti sono morti e continuano a morire;

lei li accompagni alla presenza del Padre;

lei, da madre veramente pietosa, interceda per loro e per noi

quell’abbraccio che ci fa sentire ancora figli e fratelli.

Verrà, presto, l’ora della risurrezione:

l’attendiamo, la desideriamo, ne abbiamo certezza!

Nel frattempo ci rimettiamo a te, sapendoti dalla nostra parte!

Grazie, Signore, per la tua comprensione e la tua vicinanza!