Riflessione introduttiva.
Proviamo ad immaginare la Pasqua vista e vissuta dalle donne. Non le dobbiamo immaginare come le figure di primo piano nel racconto evangelico; e tuttavia esse occupano uno spazio rilevante, se non altro per l’assenza dei discepoli, che al momento dell’arresto del loro Maestro se ne sono andati, lasciandolo solo. Le donne, invece, compaiono, non solo perché la pietà popolare le immagina a partire dal vangelo di Luca, che piangono in occasione della salita al monte dove sarà giustiziato Gesù, ma perché poi, ben oltre questo gruppo, esse vengono segnalate dagli evangelisti come le sole che rimangono accanto al cadavere in croce, e più ancora piangenti mentre lo accompagnano alla sepoltura, in attesa di poter fare di meglio, passato il sabato solenne della Pasqua ebraica.
Dal loro sguardo, da ciò che esse dicono, senza dir parola, dalla posizione che assumono, noi possiamo riconoscere il mistero pasquale vissuto dal Maestro e comunicato alla loro sensibilità: esse vivono tutti quei sentimenti che il vangelo non fa trasparire e che invece noi vorremmo considerare come elementi non trascurabili del mistero stesso.
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