LEGGENDO MANZONI LE TRAGEDIE: I CORI DELLE TRAGEDIE

 

INTRODUZIONE: Il limite delle tragedie manzoniane

È opinione diffusa che le tragedie manzoniane siano sperimentazioni ne-cessarie per arrivare poi a risultati migliori. In effetti lo scrittore successivamente si dedica ad altro, individuando il suo campo d’azione. Con le tragedie noi siamo in presenza di lavori che non ebbero seguito, anche perché non ebbero successo. E questo non dipende solo della buona accoglienza al momento della loro apparizione in pubblico con la messa in scena delle opere, come se il successo venisse conferito dal fatto che a teatro ci fossero molti spettatori e questi tutti entusiasti nell’assistere alle scene; il ripensamento dello scrittore circa questo genere letterario fu determinato anche dal fatto che la critica ebbe subito delle valutazioni non punto lusinghiere, e lo stesso scrittore, per quanto cercasse di spiegarsi, dovette riconoscere il limite dei suoi lavori. Tuttavia noi oggi possiamo considerare queste opere come assolutamente necessarie nel percorso che Manzoni compie per giungere al suo capolavoro: esso ebbe pure una gestazione prolungata nel tempo. Non era in discussione la storia, come racconto di eventi, ma come concezione da avere per far meglio comprendere il senso degli eventi in relazione alle grandi questioni che si ponevano e che si cercava di affrontare nel dibattito politico e culturale, presente in quegli anni. La critica di fondo, quella più lucidamente sottolineata, compare tempo dopo con le lezioni napoletane di De Sanctis, già più volte citate. Costui rileva che “nella sua tragedia l’azione è chiusa in un atto solo, e il rimanente sono discorsi. Questo è il lato difettivo della tragedia”. (De Sanctis, p. 211) Sta parlando del “Carmagnola”. La tragedia viene di fatto resa esplicita a partire dai discorsi contrapposti dei due personaggi, che sono quelli di pura invenzione e che l’autore inserisce perché essi possono rappresentare al meglio le due visioni diverse e contrastanti che sono all’origine della tragedia.  Leggi tutto “LEGGENDO MANZONI LE TRAGEDIE: I CORI DELLE TRAGEDIE”

LEGGENDO MANZONI: LE TRAGEDIE: ADELCHI

Introduzione: una nuova vicenda, una nuova storia

Da poco la tragedia del Carmagnola è stata data alle stampe e già lo scrittore appare insoddisfatto del suo lavoro, sia per le critiche che gli piovono addosso, sia per l’insufficienza che lui avverte presente nell’opera, soprattutto in relazione allo stesso protagonista. Egli lo vuol proporre come innocente a proposito dell’accusa che gli è mossa di tradimento e che lo conduce al patibolo, mentre in realtà è anche lui la pedina di un gioco di brutalità, di inganni, di miserie, che non lo può rendere un uomo senza macchia, un eroe positivo, una sorta di martire della storia. A ben vedere, il personaggio più tormentato, e dunque più tragico, appare emergere dalla fantasia dell’autore e non dalla realtà storica: si tratta di Marco, l’amico del cavaliere, che vive interiormente la tragedia di essere leale alla ragion di Stato e non a quello dell’amicizia. Così il personaggio storico, che dovrebbe essere l’eroe positivo e non idealizzato, appare in tutti i suoi limiti; nondimeno è il personaggio non storico, che tuttavia ha in sé il realismo umano di voler affiorare per i valori umani, che non riesce però a difendere, a diventare di fatto il protagonista. Di qui la ricerca di una figura, quella di Adelchi, che pur inserita in un contesto storico, ben studiato e analizzato, risulta comunque totalmente creata dalla fantasia dello scrittore e proprio per questo emergere con la ricchezza dei valori umani che Manzoni vuol esaltare, incarnandoli in un personaggio veramente grande. Non è lui propriamente l’uomo che la storia esalta, sia perché è un perdente, ma anche perché egli è del tutto abbozzato dalla fantasia di chi scrive. Manzoni si prepara al nuovo lavoro con una ricerca storica ben documentata e, su quello sfondo, i personaggi che risultano meglio definiti e meglio curati sono quelli che la storia ignora e che la fantasia crea.

Ricerche e studi sui Longobardi Leggi tutto “LEGGENDO MANZONI: LE TRAGEDIE: ADELCHI”

LEGGENDO MANZONI: LE TRAGEDIE: IL CONTE DI CARMAGNOLA

 

Introduzione: l’interesse di Manzoni per la tragedia

Ci sono due opere nel lavoro letterario di Manzoni, che sembrano come massi erratici, capitati in un periodo problematico del suo vivere, e che di fatto rimangono tali, perché poi egli non percorse più questa strada, in cui si era cimentato, come era tendenza fare di quei tempi. Si tratta delle tragedie, che rivelano un gusto, tipico di quel momento, soprattutto in ambiti giovanili, come se quel genere fosse l’unico possibile per “accendere … l’animo de’ forti”. Con il tramonto dello spirito rivoluzionario e dell’era napoleonica e con l’avvento della “Restaurazione” sembravano ormai del tutto spenti gli animi, soprattutto per una partecipazione diretta nel vivere sociale: gli ideali di libertà, pur naufragati in mezzo a violenze e a guerre, sembravano ora impossibili da essere perseguiti, e c’era per questo un diffuso disorientamento. Manzoni, pur con la sua fede radicata, attraversava un periodo di tensioni non da poco, anche nel campo che gli era proprio, e che doveva divenire il “suo lavoro”, perché da una parte lo spirito neoclassico, che pur aveva fin qui respirato, non lo appagava con i suoi ideali, divenuti sempre più “mitici”, e il nuovo spirito romantico era ancora tutto da costruire e sembrava ancora una innovazione d’altri luoghi, non radicata nella tradizione della nostra letteratura. A questo si aggiungeva anche il fatto che l’appartenenza ad una scuola significava comunque una presa di posizione politica, in un momento nel quale la restaurazione vigilava per mortificare sul nascere ogni spirito ribelle o anche ogni inclinazione con le innovazioni. “Manzoni, nel ’15, aveva scritto in risposta a un invito dell’Acerbi, direttore dell’austriacante “Biblioteca”, di “non voler entrare in qualsivoglia associazione letteraria”; prima di tutto c’era il rifiuto delle posizioni di quella rivista; ma c’era in lui davvero la renitenza a “proferir giudizi letterari” e a “sentenziare sugli scritti altrui”. Quanto ai “conciliatori”, amico sì, partecipe, anzi guida quando occorresse delle loro idee; ma indipendente. (Ulivi, p. 163) Leggi tutto “LEGGENDO MANZONI: LE TRAGEDIE: IL CONTE DI CARMAGNOLA”

LEGENDA .

Lo spunto dalla “Legenda” di S. Francesco (5 ottobre 2018)

La figura di S. Francesco, che si celebra come patrono d’Italia, ci viene offerta da una lunga serie di biografie, in ognuna delle quali la fisionomia del santo viene dispiegata sulla base della sensibilità e delle priorità di chi scrive. Le prime biografie hanno il pregio di essere le più vicine ai tempi del santo, perché all’indomani della sua scomparsa si avvertì la necessità di far conoscere i tratti umani e spirituali di colui che ormai tutti riconoscevano come santo, perché vedevano  in lui la fisionomia di Cristo stesso. Del resto si tendeva, anche forzando gli eventi, a dire che ogni episodio della sua vita si potesse ricollegare a ciò che si trova scritto nel vangelo; per questo si arriva a scrivere che lui pure era nato in una stalla e che lui pure porta impressi nella carne i segni della crocifissione.

Le prime biografie vengono definite “LEGENDA”, cioè “cose da leggersi” e quindi erano proposte perché se ne facesse lettura; ovviamente non tutti erano in grado di leggere, ma tutti erano in grado di ascoltare, e, proprio perché si imprimesse la fisionomia del santo, ecco l’utilizzo della grafica pittorica, che a partire da Giotto nella basilica superiore di Assisi ci offre in riquadri episodi della vita di Francesco desunti da quella biografia che allora era in auge e di fatto si era imposta.

Le prime tre biografie, tutte definite “LEGENDA”, compaiono con l’intento di far conoscere la figura del santo sulla base di coloro che sembrano essere i destinatari dell’opera. Leggi tutto “LEGENDA .”

DALLA PAGINA AL GRANDE SCHERMO: I FRATELLI TAVIANI

LA MASSERIA DELLE ALLODOLE

LIBERAMENTE TRATTO DAL ROMANZO OMONIMO

di Antonia Arslan – Armenia e questione armena

Introduzione

Il film del 2007 prende lo spunto dall’omonimo romanzo della scrittrice italiana, Antonia Arslan, di origine armena.

Non è la fedele trasposizione in immagini del testo, anche perché i nomi dei protagonisti sono cambiati e qua e là ci sono particolari diversi, con un esito finale che risponde maggiormente alla visione che della storia hanno i fratelli Taviani.

Il racconto scritto riguarda la famiglia della scrittrice, anche se pure lei si permette aggiunte, necessarie per dare risalto soprattutto a certi personaggi, in modo particolare le donne, che sono le vere protagoniste della storia.

Sullo sfondo storico c’è il grande genocidio armeno del 1915, il primo del secolo XX, perpetrato in Turchia contro questo popolo cristiano, minoritario nella grande Turchia mussulmana, dove ben oltre le motivazioni di carattere economico affiora quel tipo di nazionalismo che infestava l’Europa e che ha condotto al primo conflitto mondiale. Anche la Turchia uscita dalla guerra e già minacciata nel suo rinascere proprio dalla possibilità concreta di sparire dalla carta geografica senza riconoscimenti di sorta, cerca la sua sopravvivenza colpendo quelle minoranza a cui sono attribuite le colpe del collasso di questo Impero, che tale era e che non fu mai più, con la nascita di una Turchia laica e repubblicana.  Leggi tutto “DALLA PAGINA AL GRANDE SCHERMO: I FRATELLI TAVIANI”

Leopardi.

Introduzione: 200 anni dagli Idilli

Forse non a tutti è noto che proprio 200 anni fa Leopardi scriveva quegli idilli, che poi sono divenuti famosi sui banchi di scuola e che tutti abbiamo appreso come ciò che di meglio appartiene non solo alla produzione leopardiana, ma in generale alla nostra letteratura. E in quell’anno si consuma un’esperienza che segna profondamente l’animo di Leopardi e lo rende ormai maturo per ulteriori traguardi della sua breve, intensa, travagliata esistenza. Proviamo allora a conoscere più attentamente questo passaggio di vita che lascia traccia profonda nel suo animo e che offre espressioni davvero indimenticabili di straordinaria poesia, che è tanta parte anche nella nostra formazione umana. È ben noto il travaglio di questo ragazzo nella sua casa paterna, dove si consuma un tormentato periodo, culminato nel tentativo di fuga proprio nel 1819, destinato al fallimento per la sorveglianza paterna, che voleva tenere alla larga il figlio da ideologie e da avventure che egli riteneva nefaste. D’altra parte anche a trovarsi nella periferia estrema di uno Stato, quello pontificio, ormai periferico rispetto al resto del concitato mondo europeo, immerso in quegli anni nel furore rivoluzionario e poi nelle campagne avventurose di Napoleone, Leopardi non poteva non risentire del “rumore” proveniente dalle nuove idee sempre più galoppanti, a dispetto di tutti i tentativi dei restauratori di cancellarne i segni, i ricordi, le velleità. Di fatto egli è rinchiuso nella casa di Recanati, appartenente ad una nobiltà di provincia, molto “codina”, in un mondo, quello dello Stato pontificio, sempre più chiuso alla nuova temperie che l’aveva sconvolto. Fin dall’infanzia egli si dedica allo studio che sarà per lui “matto e disperatissimo”, come lui stesso lo definisce; riceve una formazione indubbiamente di prim’ordine da due preti, uno dei quali poi decide di lasciarlo perché non ha più nulla da insegnargli. Nella sua precoce adolescenza comincia già sperimentazioni poetiche, che, anche ad essere prove ancora “scolastiche” per le frequentazioni che egli ha sui libri, già rivelano il suo bisogno di spaziare … nell’infinito! Leggi tutto “Leopardi.”

Alessandro Manzoni: Inni Sacri.

Tempi e modi per dedicarsi alla poesia di contenuto religioso.
Tra le opere minori di Manzoni spiccano i cosiddetti “Inni Sacri”, che sono variamente accolti e interpretati nella panoramica del lavoro dello scrittore e anche nella produzione letteraria in genere, dentro il percorso della storia letteraria italiana. C’è chi li esalta per il messaggio e anche per la parlata popolare, che li fa essere una delle espressioni più vicine alla sensibilità della gente comune; e c’è, naturalmente, chi giunge ad una stroncatura senza appello, proprio perché il messaggio di fede, che un neofita come Manzoni vuole offrire, fa velo alla ispirazione poetica e proprio perché la modalità con cui si esprime non consente una giusta armonizzazione fra ciò che dice e il modo con cui lo dice.
Indubbiamente si tratta di un’opera che dovremmo classificare come opera giovanile; ma in realtà Manzoni era ormai approdato alle età matura, se non altro perché siamo al rientro a Milano da Parigi, quando, con lo stesso matrimonio, si direbbe che egli “mette la testa a posto” e soprattutto si professa ormai credente. Proprio per questo egli non vuole più occuparsi di miti e di favole, come quelle finora perseguite con le sue sperimentazioni poetiche di chiaro stampo scolastico. Certamente lo scrittore è entrato in una fase della vita, nella quale sta cercando un suo equilibrio dopo gli ardori giovanili; e lo sta cercando, mentre aderisce a quella fede cattolica che aveva incontrato a Parigi e che gli veniva ri-chiamata pure a Milano da sacerdoti di stampo giansenista, per certi versi innovatori rispetto a schemi clericali e religiosi troppo conservatori.
Il progetto di lavoro prevedeva ……… (Per continuare a leggere, cliccare  sul link: ALESSANDRO MANZONI Inni Sacri)