S. Colombano e il suo contributo per l’Europa.

Introduzione: figure e movimenti per l’Europa

La visione dell’Europa non può prescindere dall’apporto che è venuto alla costruzione di questa “idea” (da far diventare sempre più realtà) da parte del monachesimo nel suo insieme, come fenomeno religioso, culturale e soprattutto umano. Dobbiamo parlare di monachesimo nel suo insieme e non solo di alcuni personaggi divenuti famosi, che possono restare come massi erratici, perché ciò che ha lasciato il segno è indubbiamente quanto cogliamo in forti personalità come pure in quell’esercito di persone senza nome, che ha comunque operato sulla scia delle indicazioni ricevute e ha contribuito a creare un humus, uno spirito. S. Benedetto, il padre del monachesimo occidentale, è stato proclamato da Paolo VI patrono d’Europa, a cui poi Giovanni Paolo II ha affiancato i due fratelli greci, Cirillo e Metodio, che sono stati gli apostoli dei popoli slavi. Se per costoro è anche facile pensare all’azione svolta nell’Est europeo contribuendo alla scrittura cirillica, all’evangelizzazione di diversi popoli, allo sviluppo di una coscienza più forte di questa gente per la loro appartenenza alla storia di un continente che sembrava averli emarginati, dall’altra si fa fatica a pensare alla figura di Benedetto come costruttore dell’Europa, visto che il suo personale ambito di azione si è circoscritto al centro Italia. Semmai sono i suoi monaci, poi, ad aver diffuso insieme con il Vangelo, una impostazione di vita che trae linfa dalla Regola, quella da lui scritta per dei principianti. Per ciò che noi conosciamo di Benedetto, a partire dalla sua Regola e dagli scritti del miglior discepolo che ha avuto, e cioè Gregorio Magno, non si dovrebbe parlare di un’azione a vasto raggio nei confronti di un continente, perché non vi è traccia in lui di un disegno che intendesse segnare profondamente i diversi popoli d’Europa. Anzi, egli avrebbe desiderato la “fuga dal mondo” per cercare solitudine, alla stregua di quello che già si era vissuto nei secoli precedenti nel deserto egiziano, dove si erano affollati gli anacoreti, che spesso vivevano da “stiliti”; semmai egli sembrava muoversi più nella linea del monache-simo basiliano, che in Cappadocia cercava di costruire una vita eremitica di isolamento dal mondo, attenuato da forme di collegamento fra i mona-ci, per i quali si prevedeva una vita “cenobitica”. Così nascono in Italia i monasteri che dobbiamo definire benedettini, sia perché dipendono dall’abbazia originaria di Montecassino, sia perché poi in essi vige la Regola benedettina, a cui un po’ tutti in Europa si rifanno, anche quando sorgo-no nuove forme di vita monastica, come quelle attorno al Mille.

Monachesimo e Barbari

Non c’era, insomma, nella mens di Benedetto la costruzione di un’Europa come visione di vita comune fra diverse popoli; e tuttavia quello che poi si costruì nei diversi centri monastici ebbe ripercussioni per la stessa vita Leggi tutto “S. Colombano e il suo contributo per l’Europa.”

I compagni del crocifisso: il centurione.

UOMO SOLO, SOLO UOMO

Solitamente nella crocifissione di Gesù balza all’occhi la totale solitudine di Cristo, che viene, sì, innalzato da terra ed elevato al cielo, ma di fatto, in quanto pontefice, appare come il naturale ponte fra Dio e gli uomini, in una posizione che sembra vederlo reietto dagli uomini e abbandonato da Dio. Eppure, proprio per questo, egli diventa il prediletto di Dio e diventa il Salvatore degli uomini. Questa sua posizione dobbiamo imparare a riconoscere, volendo esprimergli riconoscenza per quello che ha fatto e per quello che ha vissuto, lui solo. Per quella particolare collocazione in croce si potrebbe dire che egli ci rappresenta tutti davanti a Dio nell’offerta della nostra umanità salvata, e ci rappresenta Dio che per raggiungere noi assume questa stessa umanità segnata dal peccato, anche a non aver, lui, commesso nessun peccato. Nella sua solitaria posizione egli è il solo uomo che si eleva a Dio e che ci eleva tutti a Dio; egli è anche l’uomo solo in cui Dio, mettendo le sue compiacenze, investe il suo vivere e fa diventare divino il nostro vivere umano. Nel momento della morte, con le parole che gli evangelisti mettono in bocca al centurione, egli viene riconosciuto come l’uomo di Dio e come il solo giusto fra gli uomini, che sono, in realtà, tutti colpevoli. Questa sua fisionomia dobbiamo cercare di cogliere meditando su colui che, testimone del suo morire o del suo vivere la morte, ce lo rappresenta come il solo vero uomo, che proprio per questo è anche vero Dio!

UN VERO COMPAGNO DI DIO Leggi tutto “I compagni del crocifisso: il centurione.”

I compagni del crocifisso: il buon ladrone.

GESU’ SOLO CON UN LADRO

Secondo la testimonianza dell’evangelista Giovanni, l’apostolo Tommaso aveva detto con molta chiarezza che tutti sarebbe stati pronti ad andare a morire con lui, quando Gesù aveva preso la decisione di andare in Giudea per l’amico Lazzaro ormai morto, nonostante il clima poco favorevole nei suoi confronti. E altrettanto, se non con più forza, aveva sostenuto Pietro nelle ore immediatamente precedenti la tragedia che li avrebbe travolti. Era pronto a dare la vita per lui; eppure – ed è il Signore stesso ad avvisarlo – di lì a poco lo avrebbe rinnegato, proprio per salvare la pelle. Insomma, con il Maestro non c’è nessuno dei suoi, perché abbandonatolo, nel momento della cattura, se ne fuggirono e non si fecero più vedere, andando a rintanarsi nel cenacolo per paura dei Giudei. L’unico a trovarsi a morire davvero con lui è il buon ladrone. Era costretto, in realtà, dalla condanna a scontare quella pena; e tuttavia in quella posizione lo riconosce innocente, lo riconosce amico, lo riconosce Dio e Salvatore! Ancora una volta dobbiamo riconoscere che Gesù è veramente solo sulla croce, ad ha la sola compagnia di un … ladro assassino. Evidentemente egli ci vuole insegnare che la croce è tale se abbracciata e vissuta in solitudine, perché solo così apre alla vera solidarietà e alla eterna comunione.

IL BUON LADRONE:

VERO COMPAGNO NELLA CROCE E NELLA GLORIA Leggi tutto “I compagni del crocifisso: il buon ladrone.”

I compagni della passione: Il Cireneo.

GESU’ DA SOLO

E NOI SOLIDALI CON LUI

Nelle ore del dolore e delle brutalità, Gesù appare solo. Nessuno dei suoi è con lui, se non Maria, Giovanni e le donne sotto la croce. Il suo grido nello spasimo delle sofferenze fisiche si eleva al cielo, che sembra ancora più opaco, più cupo, più vuoto, e da cui non arriva nessun segnale, come invece era successo in altre circostanze: nessuna voce del Padre si fa sentire ad incoraggiamento e sostegno, nessun gesto dell’Onnipotente arriva a farlo uscire da tanto male. È talmente solo che deve gridare a Dio: “ … perché mi hai abbandonato?”. Sente già di essere lasciato solo in simili frangenti e proprio da Colui che egli continua ad invocare: “Dio mio, Dio mio …”. Lo considera ancora suo, mentre il Padre sembra non degnarlo più neppure di uno sguardo compassionevole. Sembra … e tut-tavia Gesù non è proprio solo totalmente, perché accanto a lui si vedono persone, che noi potremmo definire suoi compagni, coloro che assumono la sua stessa condizione, prendendo la croce come il cireneo, finendo in croce come il ladro pentito, stando sotto la croce a difenderlo come il centurione. Sono i suoi compagni, nel vero senso della parola, perché condividono quel pane amaro che è la sua sofferenza, perché gli stanno vicino, condividendo la medesima situazione, compreso il centurione con la sua dichiarazione che lo fa stare dalla parte del condannato. Questa compagnia vogliamo cercare di considerare, perché noi pure dobbiamo muoverci sulla medesima strada e portare la stessa croce.

IL CIRENEO:  SE QUALCUNO VUOL VENIRE DIETRO A ME … Leggi tutto “I compagni della passione: Il Cireneo.”

Leopardi.

Introduzione: 200 anni dagli Idilli

Forse non a tutti è noto che proprio 200 anni fa Leopardi scriveva quegli idilli, che poi sono divenuti famosi sui banchi di scuola e che tutti abbiamo appreso come ciò che di meglio appartiene non solo alla produzione leopardiana, ma in generale alla nostra letteratura. E in quell’anno si consuma un’esperienza che segna profondamente l’animo di Leopardi e lo rende ormai maturo per ulteriori traguardi della sua breve, intensa, travagliata esistenza. Proviamo allora a conoscere più attentamente questo passaggio di vita che lascia traccia profonda nel suo animo e che offre espressioni davvero indimenticabili di straordinaria poesia, che è tanta parte anche nella nostra formazione umana. È ben noto il travaglio di questo ragazzo nella sua casa paterna, dove si consuma un tormentato periodo, culminato nel tentativo di fuga proprio nel 1819, destinato al fallimento per la sorveglianza paterna, che voleva tenere alla larga il figlio da ideologie e da avventure che egli riteneva nefaste. D’altra parte anche a trovarsi nella periferia estrema di uno Stato, quello pontificio, ormai periferico rispetto al resto del concitato mondo europeo, immerso in quegli anni nel furore rivoluzionario e poi nelle campagne avventurose di Napoleone, Leopardi non poteva non risentire del “rumore” proveniente dalle nuove idee sempre più galoppanti, a dispetto di tutti i tentativi dei restauratori di cancellarne i segni, i ricordi, le velleità. Di fatto egli è rinchiuso nella casa di Recanati, appartenente ad una nobiltà di provincia, molto “codina”, in un mondo, quello dello Stato pontificio, sempre più chiuso alla nuova temperie che l’aveva sconvolto. Fin dall’infanzia egli si dedica allo studio che sarà per lui “matto e disperatissimo”, come lui stesso lo definisce; riceve una formazione indubbiamente di prim’ordine da due preti, uno dei quali poi decide di lasciarlo perché non ha più nulla da insegnargli. Nella sua precoce adolescenza comincia già sperimentazioni poetiche, che, anche ad essere prove ancora “scolastiche” per le frequentazioni che egli ha sui libri, già rivelano il suo bisogno di spaziare … nell’infinito! Leggi tutto “Leopardi.”

Alessandro Manzoni: Inni Sacri.

Tempi e modi per dedicarsi alla poesia di contenuto religioso.
Tra le opere minori di Manzoni spiccano i cosiddetti “Inni Sacri”, che sono variamente accolti e interpretati nella panoramica del lavoro dello scrittore e anche nella produzione letteraria in genere, dentro il percorso della storia letteraria italiana. C’è chi li esalta per il messaggio e anche per la parlata popolare, che li fa essere una delle espressioni più vicine alla sensibilità della gente comune; e c’è, naturalmente, chi giunge ad una stroncatura senza appello, proprio perché il messaggio di fede, che un neofita come Manzoni vuole offrire, fa velo alla ispirazione poetica e proprio perché la modalità con cui si esprime non consente una giusta armonizzazione fra ciò che dice e il modo con cui lo dice.
Indubbiamente si tratta di un’opera che dovremmo classificare come opera giovanile; ma in realtà Manzoni era ormai approdato alle età matura, se non altro perché siamo al rientro a Milano da Parigi, quando, con lo stesso matrimonio, si direbbe che egli “mette la testa a posto” e soprattutto si professa ormai credente. Proprio per questo egli non vuole più occuparsi di miti e di favole, come quelle finora perseguite con le sue sperimentazioni poetiche di chiaro stampo scolastico. Certamente lo scrittore è entrato in una fase della vita, nella quale sta cercando un suo equilibrio dopo gli ardori giovanili; e lo sta cercando, mentre aderisce a quella fede cattolica che aveva incontrato a Parigi e che gli veniva ri-chiamata pure a Milano da sacerdoti di stampo giansenista, per certi versi innovatori rispetto a schemi clericali e religiosi troppo conservatori.
Il progetto di lavoro prevedeva ……… (Per continuare a leggere, cliccare  sul link: ALESSANDRO MANZONI Inni Sacri)

Manzoni: Osservazioni sulla morale cattolica.

Introduzione
C’è un’opera nella produzione manzoniana che non viene sufficientemente valutata, anche perché è uno di quei lavori di risulta a cui lo scrittore si dedica, non perché ne abbia il convincimento, ma perché viene esortato a farlo. Appartiene comunque a quella serie di lavori di ricerca, necessari per avere il materiale su cui redigere le sue opere letterarie, e per coltivare ciò che lui ritiene fondamentale nella sua produzione letteraria, finalizzata anche alla educazione, alla sensibilizzazione in una società che ha bisogno di continui stimoli se vuole effettivamente rinnovarsi non solo sotto l’ondata dei rivolgimenti politici. Dobbiamo riconoscere che Manzoni, ormai maturato dopo le esperienze giovanili, soprattutto quando decide di sposarsi, assume sempre più una fisionomia che lo fa essere promotore di cultura, educatore e formatore delle nuove generazioni, fin qui travolte dal clima postrivoluzionario: chi era affascinato dal mito napoleonico si trovava poi deluso nelle modalità di governo che il generale aveva realizzato e soprattutto dell’Impero che costui voleva costruire in Europa e rimane mortificato più ancora dal fatto che lo stesso Napoleone viene travolto e con esso ciò che sembrava in realtà la consegna della eredità culturale settecentesca. Parrebbe tutto travolto con la Restaurazione e quindi tutto inutile quel periodo di rinnovamento! In realtà, per quanto si volesse attuare un programma di ritorno all’ancien régime, di fatto in quel sistema non si poteva ricadere, benché tutto facesse credere diversamente.

(Per continuare a leggere cliccare su questo lik: OSSERVAZIONI SULLA MORALE CATTOLICA)

UTE: A. Manzoni tra classicismo e romanticismo.

La formazione di Manzoni
Non compete a questa ricerca voler seguire Manzoni nei suoi primi passi di vita, quelli della formazione umana e scolastica che poi lasciano un segno profondo e indelebile per il periodo successivo, quello della sua attività di scrittore. Bisogna riconoscere che egli ha respirato un ambiente culturale molto vivace, grazie anche alle parentele e alle amicizie che lo hanno circondato e segnato.
Era figlio di Giulia Beccaria, figlia di Cesare, forse il milanese più noto nell’ambiente illuministico degli studi e delle riforme civili. Costui però non sembra aver segnato personalmente il nipote, il quale lo incontrò solo una volta. Grazie però alla madre poté nell’età giovanile entrare a far parte di quella schiera di intellettuali, di cui assume gli interessi culturali.
Da piccolo egli vive di fatto in quel di Lecco, dove il padre aveva conoscenze, essendo originario della Valsassina e avere proprietà e un nome noto: a Galbiate fu la balia a nutrirlo e poi al Caleotto di Lecco ebbe la sede in cui vivere e a cui tornare quando sentiva la necessità di periodi di riposo.
La formazione scolastica gli viene data nei collegi dei Somaschi a Merate e a Lugano e poi a Milano con i Barnabiti: l’ambiente religioso e collegiale non era proprio dei migliori, perché vi trovava violenze nei compagni e punizioni da parte dei superiori. L’unico conforto è nella lettura e nella letteratura e nei primi esperimenti in versi. L’incontro più stimolante è con il poeta di grido del tempo, Vincenzo Monti, di cui assorbe forme e contenuti…….

Per continuare a leggere cliccare UTE – A. MANZONI