Introduzione: nel periodo successivo alla fine della guerra
Finita la guerra in modo vittorioso e con il proclama trionfale di Armando Diaz, l’Italia non solo poteva tirare il fiato dopo anni di sofferenze e di disagi, con la paura di rimanere travolta dopo Caporetto, ma poteva anche guardare al futuro in maniera positiva, se non altro perché gli obiettivi prefissati con la guerra si erano raggiunti. In realtà poi si viene a sapere che non tutte le rivendicazioni territoriali possono trovare accoglienza e, sulla base dei principi di Wilson, l’Italia appare la più penalizzata. E comunque non si poteva pensare che una guerra così devastante si potesse dimenticare o lasciare alle spalle, solo perché i confini nazionali erano stati raggiunti. Semmai i problemi vengono subito ad esplodere, sia per la concomitante pressione che veniva alle classi del proletariato dall’esempio trainante di ciò che avveniva in Russia, anche se là non tutto procedeva nel migliore dei modi, sia perché una generazione di giovani, mandati alla sbaraglio sui fronti e rientrati o dalla prigionia o dall’esperienza militare, si aspettava una specie di riscatto sociale, che la rivoluzione proletaria in Russia faceva presagire. All’euforia per la vittoria seguono giorni di attesa per la piega che potevano prendere gli eventi sia sul fronte interno, dove la base popolare premeva per poter contare nelle scelte decisionali, sia sul fronte estero per le decisioni che i vincitori avrebbero preso sul nuovo assetto europeo. Se gli Stati, usciti sconfitti dalla guerra, apparivano più che mai in crisi con il rischio dello scontro sociale come era in atto in Germania, con il rischio della dissoluzione come stava avvenendo in Turchia, e con la completa sparizione come succedette nei territori dell’Impero asburgico, non si trovavano in condizioni migliori gli Stati vincitori, e, tra questi, soprattutto l’Italia, che si sentiva tradita proprio nelle sue aspirazioni, quelle che l’avevano indotta ad entrare nel conflitto con l’Intesa, abbandonando l’antica Alleanza. I riflessi sono soprattutto di natura sociale, ma diventano poi anche squisitamente politici. E il turbamento sociale si riflette con l’apparire sull’orizzonte di nuovi soggetti politici, i quali reclamano una posizione coerente con la loro rappresentanza, contro l’apparato governativo e statale che appariva stantio perché appartenente al sistema precedente, ormai tramontato. Lo Stato, condotto fin qui da una classe dirigente “liberale”, che trovava soprattutto in Giolitti e nella sua politica l’espressione migliore, risultava incapace di comprendere i tempi nuovi e di rispondervi.
… Quella primavera del 1919 faceva sbocciare, come avrebbe scritto in prospettiva storico-politica Ivanoe Bonomi (1873-1951), “tre movimenti nuovi e vitalissimi per le sorti italiane: il deciso orientamento del socialismo contro il bolscevismo russo, il sorgere dei fasci di combattimento e la organizzazione dei cattolici nel nuovo Partito Popolare”. (Bianchi p. 15)