I compagni del crocifisso: il centurione.

UOMO SOLO, SOLO UOMO

Solitamente nella crocifissione di Gesù balza all’occhi la totale solitudine di Cristo, che viene, sì, innalzato da terra ed elevato al cielo, ma di fatto, in quanto pontefice, appare come il naturale ponte fra Dio e gli uomini, in una posizione che sembra vederlo reietto dagli uomini e abbandonato da Dio. Eppure, proprio per questo, egli diventa il prediletto di Dio e diventa il Salvatore degli uomini. Questa sua posizione dobbiamo imparare a riconoscere, volendo esprimergli riconoscenza per quello che ha fatto e per quello che ha vissuto, lui solo. Per quella particolare collocazione in croce si potrebbe dire che egli ci rappresenta tutti davanti a Dio nell’offerta della nostra umanità salvata, e ci rappresenta Dio che per raggiungere noi assume questa stessa umanità segnata dal peccato, anche a non aver, lui, commesso nessun peccato. Nella sua solitaria posizione egli è il solo uomo che si eleva a Dio e che ci eleva tutti a Dio; egli è anche l’uomo solo in cui Dio, mettendo le sue compiacenze, investe il suo vivere e fa diventare divino il nostro vivere umano. Nel momento della morte, con le parole che gli evangelisti mettono in bocca al centurione, egli viene riconosciuto come l’uomo di Dio e come il solo giusto fra gli uomini, che sono, in realtà, tutti colpevoli. Questa sua fisionomia dobbiamo cercare di cogliere meditando su colui che, testimone del suo morire o del suo vivere la morte, ce lo rappresenta come il solo vero uomo, che proprio per questo è anche vero Dio!

UN VERO COMPAGNO DI DIO Leggi tutto “I compagni del crocifisso: il centurione.”

I compagni del crocifisso: il buon ladrone.

GESU’ SOLO CON UN LADRO

Secondo la testimonianza dell’evangelista Giovanni, l’apostolo Tommaso aveva detto con molta chiarezza che tutti sarebbe stati pronti ad andare a morire con lui, quando Gesù aveva preso la decisione di andare in Giudea per l’amico Lazzaro ormai morto, nonostante il clima poco favorevole nei suoi confronti. E altrettanto, se non con più forza, aveva sostenuto Pietro nelle ore immediatamente precedenti la tragedia che li avrebbe travolti. Era pronto a dare la vita per lui; eppure – ed è il Signore stesso ad avvisarlo – di lì a poco lo avrebbe rinnegato, proprio per salvare la pelle. Insomma, con il Maestro non c’è nessuno dei suoi, perché abbandonatolo, nel momento della cattura, se ne fuggirono e non si fecero più vedere, andando a rintanarsi nel cenacolo per paura dei Giudei. L’unico a trovarsi a morire davvero con lui è il buon ladrone. Era costretto, in realtà, dalla condanna a scontare quella pena; e tuttavia in quella posizione lo riconosce innocente, lo riconosce amico, lo riconosce Dio e Salvatore! Ancora una volta dobbiamo riconoscere che Gesù è veramente solo sulla croce, ad ha la sola compagnia di un … ladro assassino. Evidentemente egli ci vuole insegnare che la croce è tale se abbracciata e vissuta in solitudine, perché solo così apre alla vera solidarietà e alla eterna comunione.

IL BUON LADRONE:

VERO COMPAGNO NELLA CROCE E NELLA GLORIA Leggi tutto “I compagni del crocifisso: il buon ladrone.”

I compagni della passione: Il Cireneo.

GESU’ DA SOLO

E NOI SOLIDALI CON LUI

Nelle ore del dolore e delle brutalità, Gesù appare solo. Nessuno dei suoi è con lui, se non Maria, Giovanni e le donne sotto la croce. Il suo grido nello spasimo delle sofferenze fisiche si eleva al cielo, che sembra ancora più opaco, più cupo, più vuoto, e da cui non arriva nessun segnale, come invece era successo in altre circostanze: nessuna voce del Padre si fa sentire ad incoraggiamento e sostegno, nessun gesto dell’Onnipotente arriva a farlo uscire da tanto male. È talmente solo che deve gridare a Dio: “ … perché mi hai abbandonato?”. Sente già di essere lasciato solo in simili frangenti e proprio da Colui che egli continua ad invocare: “Dio mio, Dio mio …”. Lo considera ancora suo, mentre il Padre sembra non degnarlo più neppure di uno sguardo compassionevole. Sembra … e tut-tavia Gesù non è proprio solo totalmente, perché accanto a lui si vedono persone, che noi potremmo definire suoi compagni, coloro che assumono la sua stessa condizione, prendendo la croce come il cireneo, finendo in croce come il ladro pentito, stando sotto la croce a difenderlo come il centurione. Sono i suoi compagni, nel vero senso della parola, perché condividono quel pane amaro che è la sua sofferenza, perché gli stanno vicino, condividendo la medesima situazione, compreso il centurione con la sua dichiarazione che lo fa stare dalla parte del condannato. Questa compagnia vogliamo cercare di considerare, perché noi pure dobbiamo muoverci sulla medesima strada e portare la stessa croce.

IL CIRENEO:  SE QUALCUNO VUOL VENIRE DIETRO A ME … Leggi tutto “I compagni della passione: Il Cireneo.”

DALLA PAGINA AL GRANDE SCHERMO: I FRATELLI TAVIANI

LA MASSERIA DELLE ALLODOLE

LIBERAMENTE TRATTO DAL ROMANZO OMONIMO

di Antonia Arslan – Armenia e questione armena

Introduzione

Il film del 2007 prende lo spunto dall’omonimo romanzo della scrittrice italiana, Antonia Arslan, di origine armena.

Non è la fedele trasposizione in immagini del testo, anche perché i nomi dei protagonisti sono cambiati e qua e là ci sono particolari diversi, con un esito finale che risponde maggiormente alla visione che della storia hanno i fratelli Taviani.

Il racconto scritto riguarda la famiglia della scrittrice, anche se pure lei si permette aggiunte, necessarie per dare risalto soprattutto a certi personaggi, in modo particolare le donne, che sono le vere protagoniste della storia.

Sullo sfondo storico c’è il grande genocidio armeno del 1915, il primo del secolo XX, perpetrato in Turchia contro questo popolo cristiano, minoritario nella grande Turchia mussulmana, dove ben oltre le motivazioni di carattere economico affiora quel tipo di nazionalismo che infestava l’Europa e che ha condotto al primo conflitto mondiale. Anche la Turchia uscita dalla guerra e già minacciata nel suo rinascere proprio dalla possibilità concreta di sparire dalla carta geografica senza riconoscimenti di sorta, cerca la sua sopravvivenza colpendo quelle minoranza a cui sono attribuite le colpe del collasso di questo Impero, che tale era e che non fu mai più, con la nascita di una Turchia laica e repubblicana.  Leggi tutto “DALLA PAGINA AL GRANDE SCHERMO: I FRATELLI TAVIANI”

I prodromi del fascismo.

Introduzione: nel periodo successivo alla fine della guerra

Finita la guerra in modo vittorioso e con il proclama trionfale di Armando Diaz, l’Italia non solo poteva tirare il fiato dopo anni di sofferenze e di disagi, con la paura di rimanere travolta dopo Caporetto, ma poteva anche guardare al futuro in maniera positiva, se non altro perché gli obiettivi prefissati con la guerra si erano raggiunti. In realtà poi si viene a sapere che non tutte le rivendicazioni territoriali possono trovare accoglienza e, sulla base dei principi di Wilson, l’Italia appare la più penalizzata. E comunque non si poteva pensare che una guerra così devastante si potesse dimenticare o lasciare alle spalle, solo perché i confini nazionali erano stati raggiunti. Semmai i problemi vengono subito ad esplodere, sia per la concomitante pressione che veniva alle classi del proletariato dall’esempio trainante di ciò che avveniva in Russia, anche se là non tutto procedeva nel migliore dei modi, sia perché una generazione di giovani, mandati alla sbaraglio sui fronti e rientrati o dalla prigionia o dall’esperienza militare, si aspettava una specie di riscatto sociale, che la rivoluzione proletaria in Russia faceva presagire. All’euforia per la vittoria seguono giorni di attesa per la piega che potevano prendere gli eventi sia sul fronte interno, dove la base popolare premeva per poter contare nelle scelte decisionali, sia sul fronte estero per le decisioni che i vincitori avrebbero preso sul nuovo assetto europeo. Se gli Stati, usciti sconfitti dalla guerra, apparivano più che mai in crisi con il rischio dello scontro sociale come era in atto in Germania, con il rischio della dissoluzione come stava avvenendo in Turchia, e con la completa sparizione come succedette nei territori dell’Impero asburgico, non si trovavano in condizioni migliori gli Stati vincitori, e, tra questi, soprattutto l’Italia, che si sentiva tradita proprio nelle sue aspirazioni, quelle che l’avevano indotta ad entrare nel conflitto con l’Intesa, abbandonando l’antica Alleanza. I riflessi sono soprattutto di natura sociale, ma diventano poi anche squisitamente politici. E il turbamento sociale si riflette con l’apparire sull’orizzonte di nuovi soggetti politici, i quali reclamano una posizione coerente con la loro rappresentanza, contro l’apparato governativo e statale che appariva stantio perché appartenente al sistema precedente, ormai tramontato. Lo Stato, condotto fin qui da una classe dirigente “liberale”, che trovava soprattutto in Giolitti e nella sua politica l’espressione migliore, risultava incapace di comprendere i tempi nuovi e di rispondervi. 

… Quella primavera del 1919 faceva sbocciare, come avrebbe scritto in prospettiva storico-politica Ivanoe Bonomi (1873-1951), “tre movimenti nuovi e vitalissimi per le sorti italiane: il deciso orientamento del socialismo contro il bolscevismo russo, il sorgere dei fasci di combattimento e la organizzazione dei cattolici nel nuovo Partito Popolare”. (Bianchi p. 15)

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Leopardi.

Introduzione: 200 anni dagli Idilli

Forse non a tutti è noto che proprio 200 anni fa Leopardi scriveva quegli idilli, che poi sono divenuti famosi sui banchi di scuola e che tutti abbiamo appreso come ciò che di meglio appartiene non solo alla produzione leopardiana, ma in generale alla nostra letteratura. E in quell’anno si consuma un’esperienza che segna profondamente l’animo di Leopardi e lo rende ormai maturo per ulteriori traguardi della sua breve, intensa, travagliata esistenza. Proviamo allora a conoscere più attentamente questo passaggio di vita che lascia traccia profonda nel suo animo e che offre espressioni davvero indimenticabili di straordinaria poesia, che è tanta parte anche nella nostra formazione umana. È ben noto il travaglio di questo ragazzo nella sua casa paterna, dove si consuma un tormentato periodo, culminato nel tentativo di fuga proprio nel 1819, destinato al fallimento per la sorveglianza paterna, che voleva tenere alla larga il figlio da ideologie e da avventure che egli riteneva nefaste. D’altra parte anche a trovarsi nella periferia estrema di uno Stato, quello pontificio, ormai periferico rispetto al resto del concitato mondo europeo, immerso in quegli anni nel furore rivoluzionario e poi nelle campagne avventurose di Napoleone, Leopardi non poteva non risentire del “rumore” proveniente dalle nuove idee sempre più galoppanti, a dispetto di tutti i tentativi dei restauratori di cancellarne i segni, i ricordi, le velleità. Di fatto egli è rinchiuso nella casa di Recanati, appartenente ad una nobiltà di provincia, molto “codina”, in un mondo, quello dello Stato pontificio, sempre più chiuso alla nuova temperie che l’aveva sconvolto. Fin dall’infanzia egli si dedica allo studio che sarà per lui “matto e disperatissimo”, come lui stesso lo definisce; riceve una formazione indubbiamente di prim’ordine da due preti, uno dei quali poi decide di lasciarlo perché non ha più nulla da insegnargli. Nella sua precoce adolescenza comincia già sperimentazioni poetiche, che, anche ad essere prove ancora “scolastiche” per le frequentazioni che egli ha sui libri, già rivelano il suo bisogno di spaziare … nell’infinito! Leggi tutto “Leopardi.”

Il Libro di Ester.

MEGHILLOT

In questi anni nella giornata per la conoscenza, il rispetto e il dialogo con il mondo religioso ebraico siamo invitati ad entrare più da vicino nei libri definiti MEGHILLOT, cioè “rotoli”, che risultano 5, come lo sono i testi di fondamento posti all’inizio della Scrittura Sacra, e cioè il Pentateuco. Questi rotoli sono usati in occasione di feste considerate “sinagogali”, perché appartengono al periodo in cui le celebrazioni religiose vengono vissute nelle sinagoghe, essendo venuto meno il tempio di Gerusalemme. Leggi tutto “Il Libro di Ester.”

Leonardo: scritti letterari.

Introduzione: l’illetterato con il gusto della ricerca Leonardo (1452-1519) è definito un personaggio poliedrico per la vastità degli interessi che ha coltivato con un acume che sorprende, con una vivacità che appare incredibile in mezzo a figure non facili e a vicende complesse che gli sono turbinate attorno. Il bisogno di provvedere a se stesso e alla sua “famiglia”, quella fatta dai collaboratori, non gli ha impedito di coltivare i più svariati interessi. Lo ha fatto con la profondità di chi non solo coglie i problemi, ma li affronta anche con la riflessione propria del “curioso”, di colui cioè che non si limita a verificare, ma vuol anche capire e razionalizzare. Non avendo mai avuto una famiglia in cui avvertire i buoni sentimenti, sviluppò, abitando col nonno e con lo zio, l’amore per la campagna a contatto con la natura, senza la possibilità di avere quella formazione che allora si poteva considerare completa nella misura in cui si padroneggiava il latino. Forse si deve alla sua natura un po’ selvatica e a questa educazione, sviluppata in modo non convenzionale e regolare, quella sua sapienza spicciola che gli deriva dalla vita taciturna e isolata e dal coltivare le cose semplici apprese in campagna, dove rimase fino all’adolescenza inoltrata. …..

Per continuare a leggere cliccare qui: UTE di ERBA – LEONARDO (versione verticale)

Alessandro Manzoni: Inni Sacri.

Tempi e modi per dedicarsi alla poesia di contenuto religioso.
Tra le opere minori di Manzoni spiccano i cosiddetti “Inni Sacri”, che sono variamente accolti e interpretati nella panoramica del lavoro dello scrittore e anche nella produzione letteraria in genere, dentro il percorso della storia letteraria italiana. C’è chi li esalta per il messaggio e anche per la parlata popolare, che li fa essere una delle espressioni più vicine alla sensibilità della gente comune; e c’è, naturalmente, chi giunge ad una stroncatura senza appello, proprio perché il messaggio di fede, che un neofita come Manzoni vuole offrire, fa velo alla ispirazione poetica e proprio perché la modalità con cui si esprime non consente una giusta armonizzazione fra ciò che dice e il modo con cui lo dice.
Indubbiamente si tratta di un’opera che dovremmo classificare come opera giovanile; ma in realtà Manzoni era ormai approdato alle età matura, se non altro perché siamo al rientro a Milano da Parigi, quando, con lo stesso matrimonio, si direbbe che egli “mette la testa a posto” e soprattutto si professa ormai credente. Proprio per questo egli non vuole più occuparsi di miti e di favole, come quelle finora perseguite con le sue sperimentazioni poetiche di chiaro stampo scolastico. Certamente lo scrittore è entrato in una fase della vita, nella quale sta cercando un suo equilibrio dopo gli ardori giovanili; e lo sta cercando, mentre aderisce a quella fede cattolica che aveva incontrato a Parigi e che gli veniva ri-chiamata pure a Milano da sacerdoti di stampo giansenista, per certi versi innovatori rispetto a schemi clericali e religiosi troppo conservatori.
Il progetto di lavoro prevedeva ……… (Per continuare a leggere, cliccare  sul link: ALESSANDRO MANZONI Inni Sacri)

Manzoni: Osservazioni sulla morale cattolica.

Introduzione
C’è un’opera nella produzione manzoniana che non viene sufficientemente valutata, anche perché è uno di quei lavori di risulta a cui lo scrittore si dedica, non perché ne abbia il convincimento, ma perché viene esortato a farlo. Appartiene comunque a quella serie di lavori di ricerca, necessari per avere il materiale su cui redigere le sue opere letterarie, e per coltivare ciò che lui ritiene fondamentale nella sua produzione letteraria, finalizzata anche alla educazione, alla sensibilizzazione in una società che ha bisogno di continui stimoli se vuole effettivamente rinnovarsi non solo sotto l’ondata dei rivolgimenti politici. Dobbiamo riconoscere che Manzoni, ormai maturato dopo le esperienze giovanili, soprattutto quando decide di sposarsi, assume sempre più una fisionomia che lo fa essere promotore di cultura, educatore e formatore delle nuove generazioni, fin qui travolte dal clima postrivoluzionario: chi era affascinato dal mito napoleonico si trovava poi deluso nelle modalità di governo che il generale aveva realizzato e soprattutto dell’Impero che costui voleva costruire in Europa e rimane mortificato più ancora dal fatto che lo stesso Napoleone viene travolto e con esso ciò che sembrava in realtà la consegna della eredità culturale settecentesca. Parrebbe tutto travolto con la Restaurazione e quindi tutto inutile quel periodo di rinnovamento! In realtà, per quanto si volesse attuare un programma di ritorno all’ancien régime, di fatto in quel sistema non si poteva ricadere, benché tutto facesse credere diversamente.

(Per continuare a leggere cliccare su questo lik: OSSERVAZIONI SULLA MORALE CATTOLICA)