La Pasqua di Cristo nel mondo religioso e culturale russo

MORS ET VITA DUELLO

CONFLIXERE MIRANDO

Sul “fronte russo” continuano a udirsi rumori di guerra, e di lì ci vengono im-magini impressionanti di rovine, lasciate sul territorio ucraino, anche se i morti e i feriti sono da entrambe le parti, in un conflitto dal forte sapore di scontro tra popoli “fratelli”, che hanno avuto una lunga storia in comune. È inevitabile inoltre che siano coinvolte anche le diverse confessioni religiose, le quali si rifanno al comune mondo cristiano: qui i credenti nel Signore, morto in croce e poi risorto, celebrano i medesimi misteri pasquali, pur con forme liturgiche diverse. E tuttavia essi non sanno superare le divisioni e ricercare l’intesa che deve impedire inutili distruzioni, ma più ancora i troppi morti, e più ancora sopire i risentimenti che si fatica a contenere e a impedire. Davanti ad un quadro desolante e sempre più imbarbarito da tanta violenza “gratuita” e selvaggia, non c’è molto spazio per discorsi di natura religiosa, per letture e visioni che parlino di rinascita, di risurrezione. Anzi, a volte anche simili auguri appaiono fuori luogo, intrisi di un sapore molto amaro. Come si fa a di-re che Cristo è risorto, in un quadro di devastazione, che pur si assicura di vo-ler ricostruire come prima? Non sarà più come prima! Non può essere come prima! Come si fa a ripetere l’augurio di pace del Cristo risorto? Raccontando l’evento della risurrezione e più ancora il suo farsi vedere ai discepoli il mattino di Pasqua nel cenacolo, dove entra a porte chiuse ed augura loro la pace, la sua pace, noi osiamo credere che tutto questo si rinnova anche oggi. Ma dove lui appare? Dove lui viene visto? Dove lui irrompe come allora con il suo augurio di pace? Se nel nostro non lontano oriente, invece di veder sorgere un nuovo sole di speranza, vediamo sempre più infittirsi le nubi tenebrose della disperazione, mentre noi vorremmo altre nubi cariche di pioggia, come facciamo a sperare? Ancora sentiamo a noi lontana questa guerra, come se non ne fossimo coinvolti. Ed invece il rischio di sentirci trascinati nel baratro è non molto dissimile da ciò che per le guerre precedenti si avvertiva, pur nella spensieratezza di chi non ci pensa mai, di chi si convince che non potrà mai succedere. Eppure è già successo. E può succedere ancora. Già a partire dalle esperienze passate di conflitti nel cuore dell’Europa ci siamo chiesti come siano stati possibili, laddove una civiltà secolare si era formata sull’umanesimo più che su altre considerazioni. Eppure anche allora si era scatenata l’assurdità del male, poi letta come “banalità”, nonostante la presenza di tanti pensatori animati dallo spirito umanistico. Leggi tutto “La Pasqua di Cristo nel mondo religioso e culturale russo”

PERSONAGGI A CONFRONTO: IL CONTE DEL SAGRATO LA MONACA DI MONZA

PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE

L’idea del romanzo derivò dunque da un cronista e da un economista, fonti del tutto degne di un tenace illuminista. E fu in quelle pagine ch’egli scoprì una grida sui matrimoni impediti. Questo matrimonio contrastato sarebbe stato per lui un buon soggetto per un romanzo, che avrebbe avuto come finale grandioso la peste “che aggiusta ogni cosa”. Così prima di pensare agli avvenimenti e ai personaggi, egli intendeva fissare con sicurezza le condizioni economiche, civili e politiche di un popolo, nella prima metà del XVII secolo. Sino al 1821 Manzoni non parlava che di liriche e di tragedie. Al ritorno da un viaggio a Parigi, pensa sì all’Adelchi, ma l’idea del romanzo si fa più insistente. Non può togliersi dalla testa la lettura di quelle grida, le figure di quei bravi. Nell’aprile del 1821 si mette a scrivere e informa quasi periodicamente il Fauriel dei progressi del suo lavoro. E furono due anni percorsi da una strana forma di allegria, quale non aveva mai provato. Furono insomma gli anni più felici della sua vita. E confesserà al suo amico e parente, il Giorgini (suo genero, avendo sposato la figlia di Manzoni, Vittoria), che alzarsi ogni mattino con le immagini vive del giorno innanzi alla mente, scendere nello studio, tirar fuori dal cassetto dello scrittoio qualcuno di quei soliti personaggi, disporli davanti a sé come tanti burattini, osservarne le mosse, ascoltarne i discorsi, poi mettere in carta e rileggere, era un godimento così vivo come quello di una curiosità soddisfatta. Sembra quasi sentire Pirandello dinanzi ai suoi personaggi, giulivo, anche se la materia che trattava fosse nera e dolorosa. (Macchia, p. 50-52) Leggi tutto “PERSONAGGI A CONFRONTO: IL CONTE DEL SAGRATO LA MONACA DI MONZA”

Nel bicentenario di Fermo e Lucia.

INTRODUZIONE: UNA NUOVA FASE

In un tempo relativamente breve, quello tra il 1821 e i 1823, Manzoni arriva a comporre la storia che poi diventerà famosa nell’edizione del romanzo di vent’anni dopo. Qui elabora la vicenda dei due giovani, con il corollario di altre vicende personali, che potrebbero essere storie a sé stanti, anche se poi vi metterà mano per una revisione sostanziale che riguarda i contenuti, ma soprattutto la forma espressiva. Comunque il canovaccio, che troviamo poi nelle edizioni successive, anche con i tagli doverosi, emerge fin dalla prima stesura ed è il frutto di una ricerca che lo interesserà per molto tempo. Qualcuno ipotizza che si tratti di due storie diverse. Ma così non è, anche se la conduzione della trama presenta differenze e gli stessi personaggi sono proposti con nomi e caratteri diversi. La lettura, a cui ci ha abituati la scuola, è quella condotta sulla edizione definitiva. Qui è utile conoscere il lavoro non indifferente che ha portato al capolavoro, tenendo conto che simile operazione non è solo un lavoro di rifinitura, ma è soprattutto la ricerca di un modo di scrivere che ha prodotto qualcosa che è ben di più di un romanzo, di un libro, di un’opera letteraria: qui è stato avviato un percorso che ha contribuito a costruire la cultura popolare di un Paese, ancora tutto da realizzare.

Non esiste forse romanzo la cui nascita resti più misteriosa. Noi non sappiamo, e forse non sapremo mai, attraverso quali tentativi il Manzoni si sia deciso ad affrontare il romanzo, anzi il romanzo popolare. Quali prove in campo narrativo lo resero sicuro di possedere quanto fosse necessario per lavorare in maniera ampia e decisiva su un genere con cui non si era mai cimentato, e per dar vita a personaggi, all’immagine della sua città, della sua terra e descrivere paesaggi sereni, e delitti e crudeltà atroci? Quale forza, quale determinazione lo spinsero insomma a cacciarsi in un’impresa che fu la sua gloria e il suo tormento … (Macchia, p. 49) Leggi tutto “Nel bicentenario di Fermo e Lucia.”

Figure del mondo spirituale russo: Pavel Alexandrovich Florenskij

INTRODUZIONE.

PAVEL FLORENSKIJ è un religioso e un uomo di scienza, un prete e un padre di famiglia felicemente sposato, un uomo a tutto tondo e di notevole levatura spirituale, che merita di essere conosciuto per la grande passione che ha animato la sua esistenza, facendolo divenire un grande innamorato dello Spirito divino, e nello stesso tempo un raffinato ed esperto ricercatore degli elementi naturali, dentro i quali vedeva all’opera Dio Creatore. Ogni suo percorso di natura scientifica, vissuto con notevole acribia, non gli impediva affatto di scoprire e di sentire lo Spirito divino; come pure ogni sua riflessione sul mondo divino gli permetteva di valorizzare ancor di più il mondo naturale. Si potrebbe dire che non esiste campo dello scibile umano che egli non abbia cercato di accostare con perizia scientifica e nello stesso tempo con finezza di natura spirituale, perché dovunque lo sguardo della mente e del cuore si mette a scrutare, lì trova Dio e trova il meglio per l’essere umano. Anche nei momenti drammatici della sua esistenza non ha mai perso di vista questo sguardo profondo che lo ha immerso in Dio e nello stesso tempo nella natura, che lui considera la migliore espressione del divino. Anche ad essere rigoroso nelle questioni scientifiche e nelle applicazioni della tecnologia, non ha mai perso quel tipo di sensibilità, tutta interiore, che gli ha permesso di elevare la sua mente a Dio e al mondo divino che lui avverte come realtà affascinante e assolutamente necessaria al vivere dell’uomo. Anche a sentirsi travolto dagli eventi non cerca nella fuga la possibilità di sopravvivere, ma vive intensamente la sua testimonianza di fede in una serenità dav-vero sorprendente. Il suo rifugio nella preghiera e nella spiritualità non è affatto una evasione alla ricerca di quella forma di pace che lo tiene al riparo dai mali. Nella sua fede cristiana egli ritiene che la propria passione, quella che vive nelle sofferenze inferte dalla persecuzione, altro non è se non partecipazione piena al vivere di Cristo, che egli ama intensamente e che vuol servire e seguire fino in fondo. Il rifiuto dell’ateismo dominante e di una fede cieca nella scienza senza “anima umana” non si tra-sforma mai in ostilità e in una contrapposizione sterile. Anzi, la sua forte spiritualità, sempre vissuta anche nel pieno della cieca e pregiudiziale persecuzione, cresce più che mai e si rivela quanto mai vivace nei suoi scritti, soprattutto di natura filosofica e teologica, messi a disposizione dei fedeli frequentatori della chiesa, e anche di coloro che hanno a cuore la medesima cultura russa, così intrisa per lui di fede ortodossa, da espor-re, da chiarire, da rendere sempre più luminosa

La cultura in Russia non può prescindere affatto dalla sua immersione nella fede religiosa, che ha sempre accompagnato il corso della storia del popolo russo.

La cultura è la lotta consapevole contro l’appiattimento generale; la cultura consiste nel distacco, quale resistenza al processo di livellamento dell’universo, è l’accrescersi della diversità di potenziale in ogni campo che assurge a condizione di vita, è la contrapposizione all’omologazione, sinonimo di morte. Ogni cultura è un sistema finalizzato e saldo di mezzi atti alla realizzazione e al disvelamento di un valore, adottato come fondamentale e assoluto e dunque fatto assurgere a oggetto di fede. I primi riflessi di questa fede nelle funzioni imprescindibili dell’uomo determinano i punti di vista sui settori inerenti a dette funzioni, ossia sulla realtà oggettiva nella sua interazione con l’uomo. Tali punti di vista sono, sì, categorie, ma non categorie astratte, bensì concrete (si veda la Kabbalah); la loro manifestazione nella pratica è il culto. La cultura, come risulta chiaro anche dall’etimologia, è un derivato dal culto, ossia un ordinamento del mondo secondo le categorie del culto. La fede determina il culto e il culto la concezione del mondo, da cui deriva la cultura. (Il simbolo e la forma in BeL, p. XXVI-XXVII)

LA SUA VICENDA UMANA Leggi tutto “Figure del mondo spirituale russo: Pavel Alexandrovich Florenskij”

Lutto.

Don Ivano comunica con grande dolore la scomparsa della sua amata sorella Rosangela Colombo.

La fede in questi momenti è di grande conforto e alimenta la speranza: la separazione è solo temporanea.

Aggiornamento: i funerali si svolgeranno oggi pomeriggio, 5 gennaio, alle 14.30 presso la Chiesa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista a Galbiate. 

NATALE 2022

 

TU VIENI SEMPRE …

In contemplazione del nostro presepio, costruito secondo le forme tradizionali, quelle che ci forniscono la poesia vera del Natale, ci viene proprio da dire a Gesù: “Tu vieni sempre!”.

Tu vieni sempre, ogni anno e in ogni luogo e vieni con le stesse modalità di allora, che secondo le reazioni manifestate a quei tem-pi, ti vedono non accolto, non compreso nel tuo messaggio di vita. Tu vieni sempre come un bambino e noi ti potremmo trovare nelle fattezze di un essere fragile e ancora tutto da formare, perché possa mettersi in questo mondo dove il male vuol farla da padrone. Tu vieni comunque nelle forme umane di un bambino estremamente povero, perché privo di tutto: e ce ne sono ancora in questo mondo, che s’illude di avere molto, di poter godere di tante cose, trascu-rando l’essenziale. Tu vieni sempre nella precarietà del vivere, perché, nel freddo, puoi prendere anche tu una malattia, perché anche contro di te si scatena l’odio omicida, perché tu pure non hai un avvenire sicuro, se ti manca la casa, se ti mancano i mezzi per il sostentamento, se ti manca ogni ale. Eppure vieniforma assistenzi adesso, vieni oggi, vieni in questo momento, non aspettando tempi migliori, non cercando la condizione ideale che possa dare sicurez-za. Vieni nel bel mezzo di una guerra, e ti presenti come principe di pace, disarmato, indifeso, incapace di far del male e senza aspetta-re che siano intavolate trattative, senza che si creino corridoi di-plomatici, senza pretendere nulla, pur potendo tutto. Vieni un po’ dovunque, ma soprattutto dove sta chi soffre, fuggendo da luoghi di estrema miseria e di impossibilità a vivere, perché non c’è futu-ro. Vieni anche qui, nelle terre dell’abbondanza e della infelicità, perché si fatica a coltivare buone relazioni, perché le troppe cose che si hanno non aiutano a cercare ciò che veramente conta e a vivere con più serenità, puntando sulla Provvidenza. Non abbiamo bisogno di supplicarti, caro Gesù: tu vieni sempre; vieni comunque si trovi questo mondo; vieni, perché sai che questo mondo ha sem-pre bisogno di te; oggi più che mai noi contiamo sulla tua presenza e sulla presenza di bambini, che diventeranno gli uomini di do-mani, in grado di portare quello che hai portato tu, e cioè te stesso, la tua persona, la tua vita da mettere in gioco.

TU DEVI VENIRE!

Continuando a stare davanti al nostro presepio con lo sguardo ammirato di chi gusta le cose genuine, ci viene da aggiungere al Signore Bambino: “Tu devi venire!”.

È una bella pretesa aggiungere una richiesta così perentoria, come se tu fossi obbligato con noi, ma soprattutto da noi. In realtà sei tu a volerti legare a noi, sei tu a sentirti in obbligo, sei tu a presentarti in questa maniera. Perché a te, per la tua natura divina, piace stare dalla nostra parte, piace condividere la nostra esistenza, anche ad essere segnata dal male, che a te non piace. Non sei costretto da nessuno, anche se questa è la volontà del Padre, il tuo che è pure il nostro. Noi ti diciamo le cose come stanno nel disegno suo, fatto sulla misura nostra e tua, perché ci rendiamo conto che davvero senza di te non è possibile per noi vivere bene, vivere secondo un disegno positivo e costruttivo. Tu devi venire, perché non possiamo sentire altrove parole così chiare e forti che ci segnano profonda-mente, come le sentiamo da te. Tu devi venire, perché non tro-viamo da nessuna parte chi ci possa qualificare meglio l’esistenza e costruircela sul sacrificio, che davvero valorizza le virtù e le qualità che abbiamo come dono tuo. Tu devi venire, perché solo la tua compagnia ci garantisce un vivere genuino che possa definirsi un “vivere da Dio”. Tu devi venire ancora, in modo particolare oggi, perché allontanandoci da te e pensando di poter fare da soli, finia-mo per smarrirci: e comunque senza il tuo Spirito non ci è possi-bile fronteggiare il male in maniera adeguata. Tu devi venire per-ché il male sta aumentando e noi non siamo in grado di arginarlo, di reagire nella maniera giusta, di restare fermi, forti, fiduciosi, felici. Tu devi venire, perché quelli che si sono messi dalla parte del male si ravvedano, e facendo la giusta penitenza portino ovunque il messaggio che è sempre possibile recedere dal male e mettersi dalla parte del bene. Tu devi venire per noi, e soprattutto per colo-ro che sono sfiduciati in presenza del male, perché non si lascino travolgere da esso, ma contrappongano al male quanto di meglio sono in grado di fare, perché il bene e la pace possano trionfare. Tu solo puoi portare questi beni; e noi da te, Bambino, li aspettiamo e li accogliamo come i più bei doni di Natale!

IL NATALE NEL MONDO RELIGIOSO RUSSO-UCRAINO

Celebriamo un Natale segnato dalla guerra alle nostre porte. Non è la prima volta. Le tensioni, che ci coinvolgono ed obbligano a prendere po-sizione, ci possono indurre nella tentazione di esprimere giudizi duri e incattiviti. E quando ci si lascia offuscare la mente, si può giungere a quelle forme di denigrazione che comportano il rifiuto di un popolo, della sua cultura, del suo spirito religioso. Anche di questi tempi, con la doverosa condanna di un attacco ingiustificato, di una campagna militare accompagnata da distruzioni ed uccisioni, di una propaganda costruita sulla menzogna e sull’annientamento dell’altro, spesso il giudizio severo trascende fino a negare la storia e la cultura di un popolo: è come se le colpe di oggi coinvolgessero anche coloro che nel passato hanno dato un contributo non indifferente alla cultura umanistica che non è solo patrimonio di un periodo e di un paese, ma è divenuto un bene che appartiene all’umanità. Proprio per non trascinarci dentro un sistema sbagliato, costruito sul pregiudizio, è raccomandabile che non si perda invece l’occasione per ritrovare lo spirito giusto che ci fa considerare a proposito la cultura russa, con il suo patrimonio di fede e di arte. È vero che noi abbiamo davanti agli occhi il martirio del popolo ucraino, ancora una volta, nella sua storia, brutalizzato, anche a motivo della sua posizione storica e geografica. E tuttavia non dobbiamo neppure trascurare l’anima russa che ha fatto grande questo popolo nel corso della sua storia, da condurre oggi su strade migliori, secondo la sua migliore tradizione. In modo particolare dobbiamo riconoscere che quanto di bello si è sviluppato in Russia è dovuto al modo, tutto suo, di esprimere la fede cristiana che ci ha dato pagine ineguagliabili di letteratura ed opere d’arte raffinata, che sono, e rimangono, documento vivo di una fede profonda. Leggi tutto “IL NATALE NEL MONDO RELIGIOSO RUSSO-UCRAINO”

Pietro il Grande.

LA RUSSIA ENTRA NEL MONDO EUROPEO

Il regno di Pietro il Grande coincise con la più grande trasformazione vissuta dalla Russia fino alla Rivoluzione del 1917. A differenza della Rivoluzione sovietica, tuttavia, la trasformazione imposta alla Russia da Pietro ebbe uno scarso impatto sull’ordinamento sociale, poiché il servaggio rimase e i nobili mantennero tutte le loro prerogative. Ciò che Pietro cambiò fu la struttura e la forma dello Stato, trasformando il tradizionale regno zarista in una variante della monarchia europea. Pietro impose al tempo stesso profondi mutamenti alla cultura russa, con un lascito che persiste tutt’oggi accanto alla sua nuova capitale San Pietroburgo. (Bushkovitch, p.93)

In questa breve presentazione del capitolo dedicato alla figura e all’opera di Pietro il Grande, si coglie il grande ruolo che ha avuto questo personaggio nella storia della Russia, diventando pure egli una sorta di mito. Anche ad avere molte informazioni ed anche a riconoscerle veritiere, il personaggio si staglia nella storia russa come una figura unica e gigantesca per il ruolo che ha giocato. Molto è dovuto a lui circa l’apertura nei confronti dell’Europa, dalla quale ha cercato di ricavare il meglio per un ammodernamento delle strutture statali della Russia. Pietro il Grande ha sempre cercato di inserire la Russia tra le potenze europee, non solo per competere con i vicini, che sotto il profilo territoriale non potevano vantare il medesimo spazio vitale della Russia, ma potevano comunque ostacolarne il passaggio per competere con le grandi potenze centrali, come la Prussia, l’Austria, o, ancora più in là, la Francia e l’Inghilterra. Se evidentemente voleva competere con esse, la Russia avrebbe dovuto attrezzarsi di strumenti che risultavano in quel tempo, come assolutamente indispensabili alla costruzione di un Paese dalle pretese imperialiste. Una struttura appesantita dalla zavorra di tipo feudale, come era il sistema dei boiari, non avrebbe mai consentito la costruzione di un Paese più moderno, che sarebbe potuto diventare con la crescita della classe borghese, quella che cerca di allargare il campo del mercato e insieme anche un tipo di produttività che permetta il commercio fuori dei confini nazionali. Lo zar si rende conto che una simile struttura è possibile solo con la libera imprenditoria, quella che va alla ricerca di nuovi spazi, di nuovi mercati, di nuove attività, costruite grazie all’ingegno, alla concorrenza e ai capitali finanziari.  Leggi tutto “Pietro il Grande.”

La Russia verso l’Europa.

LA RUSSIA E IL MONDO CIRCOSTANTE

Nel corso della sua storia la Russia si presenta “tirata” ad oriente e ad occidente, perché il suo immenso territorio la spinge o da una parte o dall’altra in base alle convenienze del momento e soprattutto alle scelte politiche che vengono operate da chi la guida. Ovviamente le motivazioni sono da ricercarsi soprattutto nell’ambito economico, perché le sue risorse e le sue esigenze la spingono nell’una o nell’altra direzione in cerca di materie prime, ma anche di manufatti da vendere, soprattutto, o da acquistare. A dominare la scena in questo, sono ovviamente coloro che detengono gli interessi di natura economica, che tuttavia sono pur sempre una parte minima della popolazione: i ceti sociali più numerosi sono di fatto in prevalenza i lavoratori della terra, e sopra di loro ci sono i grandi latifondisti in possesso di estensioni notevoli di terreni da coltivare. La classe che noi definiamo “borghese”, quella cioè che troviamo nei “borghi”, nelle città, a capo di attività manifatturiere, è minoritaria, anche perché le città che si sviluppano sul criterio prevalente nel resto dell’Europa, e cioè sul ricorso al denaro, appaiono veramente poche e in prevalenza sono quelle che stanno maggiormente vicino ai Paesi dell’Europa occidentale. In particolare sono in contatto con le città baltiche, le sole dotate di un certo spirito imprenditoriale, ma comunque dislocate su un mare interno, dove si affollano altri competitori. L’espansione, poi, di natura territoriale, come succede nel medesimo periodo anche per altri Paesi europei, esige che ci sia pure l’esercito ben organizzato e tenuto efficiente anche con armamenti adeguati. Se per i Paesi europei occidentali la conquista di nuove terre richiede una buona rete di colonizzatori, che aprano nuove strade, ma soprattutto che siano in grado di sfruttare al massimo le regioni acquisite, altrettanto si deve dire per la Russia in espansione ad est. Ovviamente l’espansione richiede anche il supporto dell’esercito, che, anche a non essere composto di un numero cospicuo di soldati, deve comunque risultare dotato di mezzi che permettano di imporsi su una popolazione non ancora in grado di opporre strumenti adeguati. Lo Stato europeo in genere interviene garantendo la difesa, ma anche controllando con le “Compagnie” tutti gli affari economici che si possono aprire e incrementare. Il medesimo fenomeno si ha in Russia. Anche qui le imprese di tipo coloniale appartengono a buoni imprenditori che hanno investimenti da fare; essi però dicono di farlo in nome dello Stato a cui appartengono. Leggi tutto “La Russia verso l’Europa.”

LO ZARISMO

Lo zarismo è un fenomeno tipico del mondo russo, sia perché questo termine è stato coniato lì, sia perché la sola nazione che l’abbia espresso è appunto la Russia; e questo non solo nel periodo monarchico. Abbiamo visto che il termine emerge al tramonto dell’Impero di Bisanzio, quando, per un matrimonio calcolato, con l’intervento del Papa di allora, Paolo II, il granduca di Mosca, come allora si chiamava il principe della città, mai riconosciuto re, viene definito così, e lui stesso si considera l’erede di un Impero ormai decaduto e sepolto. Non viene ancora celebrato un rito solenne di unzione e di incoronazione ma già il riconoscimento esiste, anche se viene ignorato nel resto d’Europa. Non siamo ancora formalmente all’affermazione di un Impero, anche se, sostenendo di voler continuare il titolo usato a Bisanzio, almeno in Russia un tale potere viene stabilito. Se in precedenza chi aveva un’autorità sulle città e il territorio circostante, lo aveva a partire dall’esercizio delle armi e all’affermazione di sé in campo militare, ora, anche perché era scomparso l’imperatore bizantino da cui si ricavava ogni titolo regale o dignità principesca, questo potere appariva assunto per virtù propria, senza che qualcuno se ne facesse carico di trasferirlo. Così lo zarismo si afferma come un potere autocratico, cioè un’autorità che il titolare affermava di avere da sé, dalle sue stesse virtù, senza riceverlo da qualcuno e, soprattutto, senza doverlo condividere con qualcuno. Di fatto, a Mosca, attorno alla figura dello zar, si forma una aristocrazia terriera, che cerca in ogni modo di condizionare e di limitare il potere assoluto degli zar. È inevitabile che si scateni una lunga e sanguinosa lotta, soprattutto quando lo zar è debole, perché ancora giovane, perché incapace, perché senza risorse adeguate in termini finanziari, militari, strategici. Ovviamente è necessario mettere in campo un esercito ben strutturato e soprattutto fedele, e con questo strumento l’autocrazia è perfetta. Per assicurarsi poi il favore popolare è necessario avere una gerarchia ecclesiastica asservita: essa, anche con la cerimonia religiosa dell’incoronazione garantisce la benedizione divina e dunque una derivazione del potere da Dio stesso. Questo impianto appare ben strutturato con Ivan IV, e, a partire da lui, viene ereditato da chi se ne avvale per dare un ruolo imperiale alla Russia stessa. Questo succede anche oltre la fase monarchica: la stessa rivoluzione bolscevica, attuata da Lenin, togliendo di mezzo l’alone sacrale, si avvale comunque dell’appoggio essenziale dell’esercito, perché il potere è acquisito e gestito con esso.

Non di meno succede anche oltre questo fase: pur in un regime che noi consideriamo “repubblicano”, si fa strada un potere che di fatto risulta autocratico, pur se raggiunto con l’esercizio elettorale. Anche chi comanda oggi, per quanto dica di avere il favore popolare grazie alle elezioni, è riconosciuto con un potere che viene esercitato in modo autocratico, come un novello zar. E così viene definito, anche a non portarne ufficialmente il titolo. Leggi tutto “LO ZARISMO”